“Le assaggiatrici” di Rosella Postorino (Narratori Feltrinelli, 2018)
Il nome Margot Wölk ai più non ricorderà nulla. Invece all’autrice del romanzo, questo nome ha detto molto, tanto da scriverci un libro.
La signora Margot Wölk fu una delle cosiddette “assaggiatrici di Hitler”, una delle donne reclutate dal Reich, per assaggiare i pasti a lui destinati al fine di sventare ogni tipo di tentativo di avvelenarlo. Questo romanzo prende spunto da una storia vera, resa pubblica da Margot Wölk solo poco prima di morire, alla veneranda età di 96 anni. La protagonista del romanzo è Rosa Sauer, una giovane donna berlinese che, a causa della guerra e dopo la partenza di suo marito Gregor per il fronte Russo, si trasferisce a casa dei suoceri, nel piccolo villaggio di Gross-Partsch, situato nei pressi della cosiddetta “Tana del Lupo”, uno dei quartier generali di Hitler nascosto nella foresta. Ed è proprio qui, nella tranquillità di un paesino sperduto, che viene scelta! Sì, viene scelta per diventare una delle assaggiatrici del cibo destinato al Führer.
Ci saranno altre donne con lei, altre nove donne tedesche, la maggior parte originarie del posto, che non mancheranno di farla sentire più estranea ed inadatta di quanto Rosa non si sentisse già. “La berlinese”, così la chiamavano le altre, che come lei dovevano assolvere il compito per cui erano state chiamate: immolarsi per la patria e per il Führer, rischiare la vita ogni giorno davanti ad una tavola imbandita di cibi succulenti, con il solo compito di salvare la vita all’uomo più importante della nazione, per il quale “doveva” valere la pena morire! Non era così per Rosa. Lei non era nazista, non lo era mai stata e nemmeno la sua famiglia di origine. Non era pronta a questo, non era pronta a morire.
I sentimenti che predominano queste donne sono: la paura....e la fame! Quella fame che a volte c’era davvero e altre invece mancava del tutto. Il dover ingoiare un boccone dopo l’altro voleva dire sopravvivere, ma anche rischiare di morire: “Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame”. Il terrore e l’ansia che riempivano queste donne, oltre al cibo, nell’ora successiva ai pasti, durante la quale dovevano restare sotto osservazione delle SS, le rendeva tutte uguali, le univa, le stringeva nella morsa della lotta per la sopravvivenza, ma soprattutto faceva emergere le loro fragilità facendole sentire un po’ “amiche”. Loro che amiche non erano e che non sapevano nulla l’una dell’altra. Nonostante questo, i legami si creano: rivalità, diffidenza, amicizia, condivisione del dolore e della sofferenza fisica e psicologica. In particolare la protagonista si sentirà molto vicina a Leni, una giovane ragazza ingenua e un po’ sprovveduta; ad Elfride, con la quale, in principio ci sarà diffidenza e sfida che poi si trasformeranno in sincero affetto. Poi ancora ci saranno Heike, Ulla, Augustine. La precaria esistenza di Rosa, che in quel periodo non era più un vivere ma un sopravvivere alla giornata, verrà scossa ancor di più dalla notizia che suo marito, il suo amato Gregor, era stato dato per disperso sul fronte Russo: “Non è morto, è disperso. C’è scritto disperso.” “Ero vedova. No, non lo ero. Gregor non era morto: solo non sapevamo dove fosse, e se sarebbe mai tornato”. La sua vita ormai aveva perso ogni senso, ogni motivazione. Il suo cercare di sopravvivere si era trasformato in un voler morire. Poi c’è la svolta: l’incontro con il tenete Ziegler, arrivato nella caserma degli “assaggi” per far rispettare ancor di più le regole e la disciplina, per renderle la vita ancora di più un inferno. Invece questo incontro sarà l’unica cosa che riaccenderà in lei la speranza. Il tema della lotta per la vita è affrontato dall’autrice fino in fondo, facendo emergere la profonda riflessione di come gli esseri umani riescano a dimenarsi tra sentimenti contrastanti; di come, nonostante la paura, lo sconforto e la solitudine, riescano, comunque, a trovare la scintilla che non permette al fuoco della vita di spegnersi. L’assaggio di quel cibo, ipoteticamente mortale, porta Rosa ad assaggiare, giorno dopo giorno, la precarietà dell’esistenza umana e dei sentimenti, ad assaporare la paura, ma anche le passioni più profonde. Il tutto confluirà in un’unica direzione.....il restare viva!
Redazione ©NOCPress all rights reserved
"l'angolo di Ipazia"
Nessun commento:
Lascia un commento. Sarà cura della Redazione a pubblicarlo in base alle leggi vigenti, che non violino la persona e cose altrui. Grazie.