Arese (Mi): uccide la moglie, poi tenta di strangolare il figlio maggiore
Jaime Moises Rodriguez Diaz, 41 enne messicano, sabato mattina ha ucciso la moglie Silvia Susana Villegas Guzman, 48 anni, nella loro casa di Arese, la cittadina in provincia di Milano dove si erano trasferiti provenienti dal Messico da circa un mese, e subito dopo ha cercato di strangolare anche il figlio 18enne.
Da quanto è stato riferito, l'uomo, all'alba di sabato, dopo l'assassinio della donna, nel soggiorno di casa avrebbe detto al ragazzo "ho ucciso tua madre e ora tocca a te" .
Avrebbe, quindi, cercato di strangolarlo con una cintura di nylon. Il giovane è riuscito prima a difendersi. e poi è svenuto. A quel punto il padre, forse convinto di averlo ucciso, si è chiuso in bagno. Ad allertare le forze dell'ordine sono stati gli altri due figli di 15 e 13 anni.
All'arrivo dei carabinieri della compagnia di Rho guidati dal capitano Giuliano Carulli e quelli del Nucleo investigativo del Comando Provinciale di Milano diretti dai colonnelli Michele Miulli e Antonio Coppola la cintura non è più sul collo del ragazzo e Jaime Moises Rodriguez Diaz apre la porta, ancora insanguinato dopo un maldestro tentativo di harakiri, con alcuni tagli sulle braccia e sul fianco destro. ma vivo. Il racconto del figlio, sua seconda potenziale vittima, viene confermato dai rilievi dei soccorritori
I carabinieri hanno trovato il corpo della moglie, Silvia Susana Villegas Guzman, disteso a terra in camera da letto con una ferita sopra il sopracciglio destro. Da un primo esame sembrerebbe che sia stata soffocata nel sonno. Le cause della morte saranno poi stabilite dal medico legale.
Rodriguez Diaz, dopo essere stato medicato all'ospedale di Garbagnate, è stato arrestato e trasferito nel carcere di San Vittore, con l'accusa di omicidio della moglie e anche del tentato omicidio del suo primogenito.
L’uomo ha scelto di non rispondere alle domande del pubblico ministero Giovanni Tarzia,
Stando alle prime ricostruzioni degli inquirenti, tra i due coniugi si verificavano spesso violenti litigi dovuti soprattutto alla gelosia dell'uomo.
Ora i ragazzi sono tutti insieme in una comunità protetta. Per loro, per farli stare insieme in un momento tanto tragico, si sono attivati i carabinieri di Rho, i servizi sociali e il sindaco di Arese Michela Palestra, lavorando in sinergia.
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