Operazione Via della seta - traffico illecito di rifiuti metallici, maxi frode internazionale, riciclaggio
La Guardia di Finanza di Pordenone, su delega della Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, ha svolto una complessa attività investigativa nei confronti di un sodalizio criminoso a carattere transazionale operante nella commercializzazione, con modalità fiscalmente fraudolente, di materiali ferrosi e non (rame, ottone, alluminio) cosiddetti “rifiuti metallici non pericolosi”.
Le investigazioni che hanno portato all'operazione "Via della Seta", si sono avviate nel 2018 prendendo spunto da evidenze informative pervenute, attinenti ad anomale movimentazioni finanziarie intercorse tra una impresa avente sede nella Repubblica Ceca ed una neocostituita azienda della Provincia di Pordenone.
Le successive indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, anche mediante intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali), pedinamenti occulti, monitoraggi video (aree di stoccaggio, uffici e caselli autostradali) nonché captazioni informatiche, hanno consentito di ricostruire un diffuso e importante traffico di rottami metallici (di disparata origine), avvenuto nel periodo 2013 – 2021, per circa 150.000 tonnellate (pari a circa 7.000 autoarticolati) aggirando gli obblighi ambientali e di tracciatura vigenti, utilizzando fatture per operazioni inesistenti, allo scopo di consentire a soggetti aziendali di vendere rottami ferrosi “a nero”, evadendo le imposte nonché per sottrarsi ai previsti obblighi documentali di monitoraggio disciplinati dalla normativa ambientale; nonché di permettere agli utilizzatori finali delle fatture di documentare costi mediante l’annotazione di documenti fittizi, con la relativa riduzione della base imponibile.
Il denaro inizialmente trasferito nei paesi dell’est Europa dagli italiani veniva bonificato in istituti bancari nella Repubblica Popolare Cinese e le somme ivi accreditate venivano contestualmente “compensate” con la rimissione di denaro contante (non tracciabile) consegnato in Italia dai referenti cinesi ai membri del sodalizio criminale italiano, operazioni che venivano condotte presso noti centri commerciali all’ingrosso cinesi di Padova e Milano dove il denaro veniva “passato di mano” all’interno di buste di plastica.
Detto ingegnoso sistema, permetteva pertanto di far giungere, mediante il sistema bancario internazionale, disponibilità finanziarie in Cina con modalità occulte aggirando i presidi previsti dalla normativa antiriciclaggio, in relazione sia al tracciamento delle operazioni in capo ai soggetti realmente interessati che alle difficoltà di operare presso istituti di credito con ingenti disponibilità di denaro contante.
Dall’altra parte i membri del sodalizio criminale, grazie al descritto sistema di compensazione, ottenevano proprio in Italia quella liquidità cash loro necessaria per retrocedere i pagamenti per le fatture fittizie in precedenza condotti.
L’operazione di servizio consentiva di individuare:
• l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per complessivi euro 308.894.000;
• l’occulto trasferimento di risorse finanziarie nella Repubblica Popolare Cinese per euro 150.000.000 schermate da inesistenti operazioni commerciali.
La Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, all’esito delle risultanze investigative ha provveduto ad arrestare 5 persone, altre 53 sono indagate e ha provveduto ad un sequestro preventivo per complessivi euro 66.000.000.
Le 5 persone tratte in arresto sono i principali promotori del consorzio criminale e sono 5 uomini originari del triveneto (3 dei quali con residenza nella Confederazione elvetica) coinvolti nella gestione di 3 società filtro nel tempo utilizzate allocate nelle provincie di Venezia Pordenone e Treviso.
Secondo le prospettazioni accusatorie, accolte dal G.I.P., l’organizzazione criminale si è rivelata particolarmente complessa e articolata in quanto caratterizzata da una molteplicità di uffici, persone coinvolte, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società italiane e straniere e sarebbe stata così appositamente modulata per consentire, attraverso la formazione, la redazione e l’utilizzo di documentazione totalmente falsa, l’illecito traffico di ingentissimi quantitativi di prodotto.
Sono state complessivamente condotte su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, 50 perquisizioni nelle provincie di Udine, Gorizia, Treviso, Padova, Belluno, Verona, Venezia, Brescia e Como.
I provvedimenti cautelari personali sono stati interamente eseguiti nei confronti degli indagati mentre sono ancora in corso le misure ablative per le quali sono state già sequestrate disponibilità liquide e beni immobili nonché n. 3 società , compresi gli spazi aziendali, ubicate nella Provincia di Treviso e Belluno a tutt’oggi dedite alla prosecuzione delle attività criminose.
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