Chi dondola e chi si gongola
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(foto: Vinur da Pexels) |
Il day after delle elezioni regionali in Liguria sono l’ennesimo scontro mediatico tra giornalisti di parte. Nei vari talk show di approfondimento politico non si parla d’altro. Sarebbe giusto se il tema verterebbe sul piano squisitamente politico. Invece, come al solito, scivola nel misero confronto post ideologico di appartenenza, non ricordando la funzione pubblica super partes che ricoprono, o dovrebbero ricoprire, deontologicamente normato da un Ordine.
Invece di proporre un’analisi del post voto, si predilige l’attacco, come se a quelle elezioni fossero loro gli attori in campo. E forse lo sono stati, oggettivamente e attraverso i giornali.
In Liguria ha vinto il centrodestra, riproponendo la politica di un governo regionale sciolto per problemi giudiziari, poi patteggiati in nome della non colpevolezza. Il patteggiamento di solito implica una colpa, ma questo bisognerebbe leggerlo nelle carte dei tribunali.
Di controcanto il centrosinistra ha perso una competizione che, a dir del primo attore in campo in quella regione, è frutto dei dondolamenti che la coalizione mette in campo ogni qual volta si va al voto. Una cronicità che si ripete quando si perde e che punta il dito sempre verso chi si era proposto, ma allontanato per le sue oscillanti decisioni (che contrariamente al simbolo in Italia non sono proprio vive) nel mantenere stabilità al collettivo. La controprova si è avuta nei messaggi social che l’oscillante ha scritto dopo l’esito ligure. Basta leggerli e tirar le somme.
Nel frattempo il centrodestra gongola, definendo questa vittoria in seno alla presidente del Consiglio dei Ministri piuttosto al candidato, ora presidente, per la Regione Liguria. I numeri partitici lo controprovano, pur sapendo che la percentuale ottenuta dal vincitore sono stati fondamentali per il risultato. È l’ennesima medaglia posticcia auto conferita. È l’odierna politica.
Ciononostante il circo mediatico di chi scrive va in tv: c’è chi rivendica vittorie, chi sconfitte. Lo fa con antipode tesi che reggono poco al convincimento dei telespettatori, ormai stanchi di ascoltare colpe piuttosto che meriti.
Da un lato si punta il dito contro dossieraggi e magistrati, a dir loro colpevoli di complotti per minare e colpire una classe politica che sta governando e che dovrebbe esser lasciata in pace da strumentalizzazioni che feriscono la democrazia. Questa è una loro visione. Tuttavia è un gioco che si presta, artatamente architettato, per primeggiare.
Dall’altro si grida all’edulcorazione della democrazia di chi governa pur di mantenere l’egemone controllo, anche riducendo voci avverse con editti nostalgici obliati. Si rincorrono nei rivoli che sfociano in campi più stretti, immaginandoli larghi, baccagliando e rivendicando premiership sulla sorte della coalizione.
Siamo al paradigma che lambisce all’eversione, che tenta di destabilizzare una democrazia fondata da Costituenti che ebbero la sana e lucida visione lungimirante per un Paese libero e che negli anni è retrocesso in nome di un potere chiamato “Politici”, non politica, che vorrebbe il Popolo Sovrano e non circonciso del suo potere da percentuali al di sotto finanche del 50%.
Mediaticamente, senza ombra di dubbio, siamo innanzi al solito salottino che, da un lato e l’altro, tentano, anche riuscendovi, di distogliere l’attenzione dai veri temi e problemi che attanagliano quello che rimane del Belpaese.
La stampa ne è parte, una gran parte lo è, non tutta. E quella che non si accoda al circo mediatico irrimediabilmente viene estraniato dalla discussione plenaria di un Italia che andrebbe curata e migliorata, che dovrebbe aver voci primarie in più ambiti anziché sussurri con il collega di fianco e di turno e chiacchiericci da bar.
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N.O.C. (Non Official Cover)
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