L'islam non è questo
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(foto di Cottonbro da Pexels) |
Oggi è il 31 dicembre, l'ultimo giorno dell'anno. Ed è di solito l'occasione per fare un bilancio dell'anno che sta per chiudersi.
Un anno che ci mostra le nostre fragilità, sempre maggiori, e la nostra aumentata capacità di assuefazione a tutti i tipi di notizie che giornalmente ci invadono.
Notizie che parlano di violenza di genere, che parlano di fatto di una incapacità sempre maggiore ad essere resilienti, notizie che fanno emergere una fragilità che spesso riguarda i ragazzi, i più giovani e che si esprime o con suicidi o con forme di microcriminalità o omicidi, in pratica con azioni che ci lasciano senza parole.
Ma lo sbigottimento, la tristezza per determinati omicidi o azioni criminali, anziché farci riflettere sul modo di evitare certe derive, ci appassionano, ci rendono un po’ tutti detective, giudici, tutti pronti ad esaminare le vicende e a dare giudizi, a formulare trame, a decidere chi è la vittima e chi il carnefice, e sempre più spesso, agiamo da dietro una tastiera, che ci protegge dal confronto e che, a volte, fa emergere il nostro lato peggiore.
Ma il peggio valica i confini. Solo che la nostra "Comfort zone" ci fa vedere con la lente della lontananza, ciò che accade al di fuori, come se non ci riguardasse in nessun modo. Eppure siamo sempre più interconnessi grazie ad una rete che unisce il mondo.
Parlare di guerra, di droni che attaccano e di quelli distrutti, sembra essere diventato parte della nostra quotidianità. Spesso dimentichiamo che dietro missili, droni, bombe, ci sono morti innocenti.
Ma a volte certe notizie non hanno nemmeno bisogno di morti. Così ci capita di leggere a fine anno una notizia che viene battuta da alcune agenzie di stampa, una di quelle che non si può far finta di non vedere.
Accade in Afghanistan, non è una bomba che cade, non è un omicidio. È un decreto, l'ennesimo che colpisce le donne.
Vietato alle donne di guardare fuori dalla finestra. Decreto della Polizia morale che avrebbe come scopo quello di impedire "atti osceni". Nelle nuove case non dovrebbero esserci finestre.
L'"atto osceno " è questo divieto, come tutti gli altri che in questi ultimi anni hanno colpito soprattutto le donne, ma non solo. Così come il divieto di far ascoltare la propria voce, perché la voce di una donna è privata e la possono ascoltare solo in famiglia.
Assurdità che non possono essere accettate come visione di un islamismo che viene invocato ma in realtà si tratta di permettere ai pochi che detengono il potere di dettare norme aberranti che non hanno altro scopo se non sottomettere una popolazione che si sente lasciata a sé stessa.
Noi donne che ci battiamo per avere parità di diritti con gli uomini, come ci comportiamo quando leggiamo queste notizie?
Il più delle volte le archiviamo come norme dettate da una religione diversa. In realtà si tratta di un esercizio del potere che niente ha da imparare dai più biechi regimi totalitari.
Le Nazioni Unite, non intervengono, o comunque hanno posizioni blande, perché potrebbe essere intesa come interferenza politica. Ma veramente facciamo?
Da quando, circa tre anni fa, i talebani, sono tornati al potere stanno prima di tutto impedendo alle ragazze di studiare, di vestirsi, di uscire, di guardare, di far sentire la propria voce. E cosi tra le tante regole, alle donne si prescrive il totale occultamento del corpo, occhi compresi, e di non parlare in pubblico perché anche la voce, oltre ai capelli, a una mano o un piede, è considerata idonea a indurre in tentazione e corrompere la morale degli uomini. Poveri uomini...Che in questo paese ci possa essere un Ministero per la Virtù e il Vizio, racconta esattamente il baratro verso cui stanno andando.
Ma registra anche la nostra indifferenza. L'islam non è questo.
Se non ci si può esprimere, non si può far sentire la propria voce è come se ci fosse un annullamento di se stessi, si diventa anonimi, invisibili.
Anche se vi sono alcune prese di posizione e alcuni movimenti che cercano di accendere un faro su questa negazione di diritto, ciò che diventa assordante è il silenzio di una comunità internazionale che ha rapporti economici con questo paese e che finge di non vedere, non applica dazi.
Forse perché in questo paese ci sono risorse che servono? Alla fine siamo tutti un mezzo per acquistare potere, e allo stesso tempo tutti aspiriamo ad essere quelli che muovono i fili. Ma a che prezzo?
Rinunciamo a noi stessi e dimentichiamo che il potere fine a se stesso non serve a farci avere una vita qualitativamente migliore.
Ma in fondo a chi interessa veramente?
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