L'Editoriale. Pelvi(che) (in)Feltri(te) sconsiderazioni - NOC Press

L'Editoriale. Pelvi(che) (in)Feltri(te) sconsiderazioni


Come sempre, Scriviamo facendo appello all’art. 18, all’art. 21 e all’art. 28 della Costituzione della Repubblica Italiana, cercando di narrare fatti, e questa volta, lo specifichiamo.

L'Editoriale

Per quanto si possa fare per cercare di rilanciare una città come Foggia, c'è sempre qualcuno che l'attacca. Da Feltri che ci ha preso gusto offendendola per qualche copia in più di Libero, a mons. Pelvi che ritorna sull'incipit della città con l'economia delle frittelle, condannando Libando, e perciò Foggia, come peccaminosa. Finanche il “buon” Crozza, imitando Vittorio Feltri, ha “rintuzzato” su Foggia; ma la sua è satira.

Se da Feltri le ingiurie verso Foggia sono senilmente lanciate da lontano, dal quel suo ingrigito studio serrato a doppia mandata, da Pelvi arrivano da convegni pubblici, alla presenza di istituzioni che, per la loro mission sindacale, dovrebbero difendere Foggia e i foggiani, il loro tessuto economico e lavorativo di un territorio che va ossigenato anche da eventi attrattori oltre che da strategie lavorative.

Qualcuno, molto pochi a dir il vero, ha difeso la città, i suoi concittadini e Libando. Molti preferiscono tacere, non ascoltare e non vedere. È la solita omertà di classe che prevale nei salotti cosiddetti buoni, quelli barocchi e simil gentilizi, anche in quelli parrocchiali, giornalistici e politici.

Siamo alle porte di un'elezione importante e aprir bocca contro chi politicamente diventa al bisogno bacino di voti è come fustigarsi dopo una bestemmia.

Foggia etichettata come capitale della delinquenza. Sembra uno di quei titoli di film polizieschi anni '70, buoni solo a spaventare la massa e portar soldi a chi investe sulla paura collettiva, fomentando il caos.

La senilità per certe persone diventa quel quarto di vita dove sfogarsi è a prescindere, spesso trasformandosi in insufficienza mentale. Bisogna aver compassione, pretendendo, però, che non si dia fiato alle trombe vocali senza un direttore d'orchestra, stonando con Pelvi(che) (in)Feltri(te) sconsiderazioni.

Libando, caro monsignore, (rimanendo in tema clericale) è manna dal cielo per una città che stenta a ripopolare vie antiche e cittadine, oggi predate da chi il suo Stato vorrebbe includere nelle nostre case piuttosto che nelle vostre. Una Foggia desertificata dopo le ore 20, una città dalle saracinesche chiuse, una comunità che affolla la Caritas e che non riesce più a dar la questua, spesso pretesa dai suoi subalterni per i sacramenti, è una città che chiede aiuti concreti e non spirituali, questi ultimi – ce lo lasci dire - buoni per confortare l'anima ma non il fabbisogno nella sua sostanza. E noi siamo credenti, cattolici cristiani e osservanti.

Tre giorni all'insegna del conviviare educatamente festosi e in armonia con la città, con eccellenze di settore senza far del male a nessuno, sono come la Pasqua festeggiata in quelle terre dove è nato il cristianesimo. Il bivacco è altro e le frittelle piacciono anche a chi indossa un abito talare.

Qui, a Foggia, non siamo in una caserma e i cittadini non è un reggimento, se ne faccia una ragione caro nostro (?) pastore, generale in quiescenza e monsignore. Foggia la accolta, la ascolta, aiuta i poveri come Lei invita. Ma Ecc.za si apra a essa, vivendola tra le vie e non in una stanza da una finestra appannata.

Nell’occasione, porgiamo ai due inquisitori di Foggia e dei foggiani i nostri auguri di Buona Santa Pasqua

A cura dei N.O.C.

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