Punti di (s)...vista. Una motrice con la terza rotaia
Ospitiamo con piacere una riflessione politica di un nostro collaboratore con al sua rubrica “Punti di (s)vista”. Già lo conoscete perché ha già scritto per Noi NOC, per la cronaca, inchieste, denunce. Non siamo abituati a scrivere e pubblicare redazionali e editoriali politici. Questa volta abbiamo scelto di farlo per la situazione politica italiana che stiamo vivendo. Non siamo per nessun partito, e ci teniamo a dirlo e ribadirlo. Ma dar spazio a chi fa un’accurata analisi è prerogativa di chi fa informazione.
NOC La Redazione
È assodato Matteo Renzi vuol ritornare a Palazzo Chigi, sul piano più alto. La scissione dal PD è il trampolino di lancio per la costruzione di un nuovo partito politico, ora embrionale di spalla al Governo. Il Matteo nazionale, non capitano ma leopoldino, ha garantito al Premier Conte la sua fiducia. Un tocco di rovescio apparentemente indolore che nella sostanza sloga la maggioranza, per poi essere lenita da un massaggio aggiuntivo nell'esecutivo. Avrà effetto?
Sarà un triumvirato, Di Maio, Zingaretti, Renzi? Forse no. Per ora la trave è ben salda a Piazza Colonna, mentre la pagliuzza la insinua subdolamente.
La partita reziana è più strategica di quanto si pensi. Politicamente sembrerebbe un rigurgito interiore. In realtà si gioca sulle dinamiche apicali di imminenti scelte di vertici imprenditoriali, pubblici e privati, che guidano l'Italia. Avere un amico, non compagno, fiancheggiati da portavoci e civici sbiaditi nell'establishment nazional privato che conta vuol dire controllare il Belpaese, che inevitabilmente porterà Renzi a sedere intorno al tavolo politico dei bottoni. I numeri totali e assoluti per Renzi ora non contano perché con pochi leopoldini in Parlamento avrà quella prima voce che gli mancava. Poi li dovrà ottenere. La strategia non gli manca, appoggiata da dormienti amici che attendono il comando. E qualcuno si è già svegliato, chi un tempo aveva dicasteri e che smaniava dalla voglia di aprir bocca.
Chi crede che sia la sua Waterloo va ridimensionato, alla luce della fievole contromisura dei compagni sbiaditi e dell’ intraprendenza fagocitaria interna di chi apparentemente ha smarrito la luce propria.
Il leopoldino rinnega “Bandiera Rossa”, che finora gli ha dato pane, soldi, carriera e gloria. Del resto lo ha sempre covato, mai espresso per convenienze numeriche.
L'argine è ben definito ma attende le urne regionali che potrebbero implodere con civiche abnormi. E lì lo tsunami Oltrepò potrebbe inondare la Penisola, per poi riassettare gli argini e convogliare le acque nelle rette vie che il Popolo Italiano sta disegnando con la sua voce.
L'Europa osserva dal pulpito "gentile" ma scalpita per un ritorno all'aggio piuttosto che al tasso.
Il PD è scisso. Per Renzi il disegno chiaroscuro leopoldino si sta colorando, in attesa secondo lui del tocco incauto stellato per dargli forma. L'anima è già pronta, ben sorvegliata, ma custodita con ipossiemia. Sembra un astratto cubista che per interpretarlo bisogna osservarlo per lungo tempo e da prospettive iperboliche. Mente quel disegno è speculare a tanti altri, famelico da prima donna.
Riuscirà nell’intento? O è solo paglia per alimentare crisi politiche? Italia Viva, una motrice bidirezionale desueta con la terza rotaia, dove solo dalla Leopolda poteva partire e perciò ritornare, che trova energia da quella dissipata da altri soggetti politici, immagazzinata, ora utilizzata senza la garanzia di riutilizzazione.
Lui, il leopoldino ha giocato al rilancio, ma con tre carte, garantendo agli uni la caduta dell’altro Matteo, agli altri la continuità, a egli il non voto. Astuto, certo, pur di mantenere posizioni e voce, sapendo che con un nuovo progetto potrebbe incamerare delusi da una parte e smaniosi dall’altra.
Forse non ha fatto i conti con chi ne ha un altro di disegno, possibile futuro scenario in un Paese che la quadra non l’ha mai trovata e che vorrebbe porre fine a un’era toscanaccia. Lo schizzo c’è sempre stato, esploso con luce propria. Un milanese lo ha disegnato, un genovese lo ha colorato. Ma va ossigenato, osservato in prospettiva, alla lontananza, con occhi ben fermi in un punto per comprenderne la totale grandiosità. Un quadro d'autore che è la sintesi di un progetto volto a smembrare il PD, unico e ossessivo pensiero post ideologico di chi liquidamente ha rivisto la democratica partecipazione.
Supposizioni alla luce di ciò che sta avvenendo e che spiegherebbe alleanze civiche non conformi a statuti e regolamenti, ma strategicamente propulsive per vincere la guerra.
Se da un lato la bussola nazzarena indica costantemente la rotta con il timone tra le mani della dirigenza, dall’altro c’è chi la magnetizza per polarizzarla verso un unico soggetto bidirezionale. Il PD è figlio di un lungo progetto politico e rivoli e correnti sono e rimarranno il suo buon male che lo alimenta per farlo vivere. Pensare che avrebbe potuto essere adottato da un'unica mente era il psicolabile concetto di chi oggi lo lascia.
Sul Colle c’è fermento. Ha garantito e ora si vede minato. La défaillance si coglie. Si attendono contromisure, pur di chiudere un settennato, forse l’ultimo costituzionale, passando la palla al Popolo Italiano. E sarebbe ora.
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