PALERMO. Durante l’Operazione “Bivio” della Dda, emerge che i boss aiutavano le famiglie in difficoltà - NOC Press

PALERMO. Durante l’Operazione “Bivio” della Dda, emerge che i boss aiutavano le famiglie in difficoltà




"Quartiere Zen di Palermo"

Un’indagine importante, denominata "Bivio", con risvolti che potrebbero sembrare imprevisti, ma che in realtà dimostrano come la mafia tiene sotto controllo un territorio, è stata portata a termine dalla DDA.

La DDA di Palermo in seguito ad un’indagine coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e condotta dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo, ha disposto il fermo di 16 persone con vari capi di accusa, da associazione mafiosa, a tentato omicidio, estorsioni, minacce, detenzione abusiva di armi da fuoco.

L’Operazione, come detto, è stata battezzata “Bivio”, perché si è di fronte ad un bivio, la rinascita della commissione provinciale di Cosa nostra dopo 30 anni.


Foto: NewSicilia


Ecco chi sono gli arrestati, tutti destinatari di fermo e custodia in carcere:

Francesco Adelfio, 39 anni, Andrea Barone, 22 anni, Carmelo Barone, 60 anni, Marcello Bonomolo, 48 anni, Pietro Ciaramitaro, 33 anni, Giuseppe Cusimano, 38 anni, Francesco Finazzo, 65 anni, Salvatore, Fiorentino, 39 anni, Sebastiano Giordano, 23 anni, Francesco L’Abbate, 47 anni, Andrea Mancuso, 23 anni, Francesco Palumeri, 61 anni, Giuseppe Rizzuto, 34 anni, Baldassare Rizzuto, 25 anni, Antonino Vitamia 57 anni, Michele Zito, 46 anni.


Prima del maggio 2018 il mandamento era controllato da Nunzio Serio.

La famiglia di Partanna Mondello era affidata alla reggenza di Francesco Palumeri.
La famiglia di Tommaso Natale era affidata alla reggenza di Antonino Vitamia.
Mentre lo Zen-Pallavicino, determinante dal punto di vista strategico, era affidato alla reggenza di Giuseppe Cusimano.

Poco prima che ci fosse l’incontro per la commissione provinciale accade una svolta: viene arrestato Nunzio Serio.

Al suo posto subentra Calogero Lo Piccolo, che era da poco rientrato a Palermo. In effetti, così come emerge da quanto dichiarato dai collaboratori Bisconti e Colletti, all’incontro dei clan, Lo Piccolo arriva accompagnato da Palumeri, in qualità di portavoce, quindi come vice.

Quando Lo Piccolo viene arrestato al suo posto subentra Francesco Palumeri.

Tutto questo assume rilevanza, quando Giulio Caporrimo (capomafia), uscito dal carcere nel Maggio del 2019, si trova ad affrontare questa realtà con questa nuova leadership.

Caporrimo non riconosce a Palumeri la leadership, ritenendolo inadeguato.

Non solo, ma non ritiene ammissibili le decisioni prese nel corso del summit, in quanto lesive di un principio base di Cosa Nostra e cioè che chi è a capo mantiene il suo incarico anche se detenuto.

Per questo, Caporrimo non riconoscendo ciò che era avvenuto si trasferisce a Firenze per allontanarsi da quella che definisce “Cosa come vi viene”.


Foto: Sicilia-Gazzettadelsud

Questo però conferma le decisioni del summit e quindi Palumeri si impone su Caporrimo.

A questo punto il Bivio (da cui prende il nome l’operazione) e cioè accettare il ricostituito organismo provinciale oppure rimettere tutto in gioco considerando le persone più rappresentative che nel tempo erano state rimesse in libertà come Caporrimo? In effetti Caporrimo  rientra a Palermo nell’aprile del 2020 e in poco tempo riaccentra in sé l’intero mandamento, senza spargimenti di sangue, grazie anche ai suoi alleati Vitamia , Adelfio e Cusimano che controllavano le famiglie Natale, Partanna Mondello e Zen, fino al suo ultimo arresto avvenuto nel giugno 2020.

Questo nuovo arresto provoca una nuova articolazione mafiosa affidata a Cusimano, che però è caratterizzata da problemi di gestione che creano momenti di tensione come quando allo Zen ci fu uno scontro armi in pugno, in pieno giorno e in strada, che solo per un caso fortuito non provocò morte nè dei contendenti, nè dei passanti. Ma questo impose ai vertici di prendere provvedimenti, e di progettare l’eliminazione di alcuni criminali non allineati, che non si realizzò solo grazie all’opera degli investigatori.

Intanto a carico degli imprenditori, in tutto il territorio del mandamento si sono registrate azioni per imporre mezzi d’opera di affiliati mafiosi o “pizzo” a tutti i commercianti.
Per chi si dimostrava reticente a collaborare si interveniva con danneggiamenti, incendi e così via.

Ma nell’indagine svolta dalla Dda di Palermo sempre allo Zen emerge che il capomafia Giuseppe Cusimano, durante il primo lockdown del 2020 ha cercato di organizzare per le famiglie in difficoltà del quartiere Zen una distribuzione alimentare.

Non si tratta di lavarsi la coscienza, un boss non ne ha bisogno, perché convinto del suo operato.

Ma quando a volte, la cosiddetta società civile si interroga sull’omertà, sul perché non si denuncia, dovrebbe anche farsi un esame di coscienza e chiedersi: ma lo Stato dove sta?

Sia chiaro, questa non intende essere una scusante per la mafia. La condanna per un sistema basato sulla corruzione, sui delitti non ha scusanti, ma d’altra parte si dovrebbe fare più attenzione a chi sta in difficoltà, perché è proprio su queste difficoltà che si riescono a costruire imperi, ed il potere mafioso riesce a marcare il suo territorio.

2021-01-26

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