Calabria: Operazione "Kossa". Con la forza dell'intimidazione, 'ndranghetisti subentravano nella gestione delle aziende [VIDEO+NOMI] - NOC Press

Calabria: Operazione "Kossa". Con la forza dell'intimidazione, 'ndranghetisti subentravano nella gestione delle aziende [VIDEO+NOMI]


Foto: il Lamentino.it


Il clan sarebbe riuscito a subentrare direttamente nella gestione delle aziende 



Sono tutti soggetti appartenenti o vicini al clan di ‘ndrangheta Forastefano di Cassano all’Ionio le persone arrestate stamattina con le accuse a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, violenza privata, trasferimento fraudolento di valori, e truffa, ipotesi di reato, delitti anche aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. L’indagine, ribattezzata Kossa, dall’antica denominazione di Cassano ha ricostruito – secondo gli investigatori – l’operatività della cosca dei Forastefano, che dopo le inchieste giudiziarie del 2008, si era rigenerata penetrando nel tessuto economico della Sibaritide, ed in particolare nel settore agroalimentare e in quello dei trasporti avvalendosi della “forza dell’intimidazione tipica dell’associazione mafiosa”.

Vittime del sodalizio gli imprenditori dell’agroalimentare nell’area della Sibaritide tra le quali anche un’azienda, con sede nella provincia di Ferrara, di livello europeo, che opera nel campo della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, il cui rappresentante legale, con riferimento alle attività imprenditoriali avviate dall’azienda ferrarese nella Sibaritide, è risultato vittima di una lunga serie di vessazioni consistite in ripetute richieste in denaro per servizi di guardiania e arbitrarie maggiorazioni di corrispettivi contrattuali ottenute anche mediante minacce esplicite di ritorsioni.

Le trattative sindacali risolte con le intimidazioni

Il clan sarebbe riuscito a subentrare direttamente nella gestione delle aziende tramite le imprese di riferimento e riconducibili agli esponenti del sodalizio, che, all’occorrenza risolvevano le trattative sindacali con intimidazioni per avere il silenzio dei sindacalisti che osavano opporsi nell’interesse dei lavoratori. La forza di intimidazione del sodalizio criminale dei Forastefano ha generato un diffuso timore tra gli operatori commerciali e gli imprenditori vittime di estorsioni, per godere della “protezione” delle loro attività economiche e beni aziendali.

Credit Video: Polizia di Stato

Si tratta di un sodalizio – spiegano gli investigatori – che estende la sua influenza su un territorio caratterizzato, in tempi recenti da una sequenza di omicidi e delitti che fanno emergere la pericolosità della criminalità operante nell’area della Sibaritide.

A fronte degli imprenditori che, a differenza del passato, hanno denunciato le vessazioni subite, altri si sarebbero adeguati al sodalizio, anche per programmare e consumare, avvalendosi delle società da questi gestite nel settore agricolo, sistematiche truffe ai danni dell’INPS, con l’apparente rappresentazione di rapporti di lavoro fittizi, fonte di finanziamento del sodalizio medesimo. “Un’attività investigativa difficile, strutturata, che non ha il supporto di alcun collaboratore di giustizia, ma abbiamo deciso di investire più uomini e mezzi perché si tratta di una famiglia di ‘ndrangheta che aveva l’ossessione del controllo del territorio, non solo sul piano fisico , ma anche economico“. Lo ha detto il procuratore capo Nicola Gratteri commentando con i giornalisti l’operazione Kossa. “Si tratta di famiglie di ‘ndrangheta – ha poi aggiunto Gratteri – che hanno un pedigree di ferocia, perchè queste famiglie hanno insanguinato per anni interi ambiti e territori della provincia di Cosenza”.
Un vero e proprio cartello per gestire il settore dell’autotrasporto

Le mire imprenditoriali, secondo le indagini, si sono estese anche al settore degli autotrasporti, monopolizzato grazie a un “cartello” di ditte riconducibili, direttamente o indirettamente, al clan e votato all’acquisizione, spesso con la forza, delle commesse di altri operatori del settore. Un controllo asfissiante e totale del tessuto sociale ed economico della zona, reso possibile anche dalla pax mafiosa stipulata con gli storici rivali con i quali si sono in passato contrapposti per il controllo criminale. Un superamento delle tensioni evidenziato dalla consumazione di alcuni reati di estorsione e truffa nei quali concorrono soggetti che gravitano nei contesti delle storiche consorteria un tempo avversarie. “La ‘ndrangheta va combattuta in Calabria, cioè dove il fenomeno è endemico – ha poi aggiunto Francesco Messina direttore centrale anticrimine – perchè è da qui che deve partire un’azione di neutralizzazione del problema. Dobbiamo colpire riuscire l’organizzazione nel territorio in cui essa è forte, in cui manifesta militarmente il suo potere, per arrivare a neutralizzarla anche altrove. Attraverso azioni di repressione forte recuperiamo spazi che lo Stato, anche con il supporto delle istituzioni, deve rioccupare per favorire la rinascita della legalità”.

Professionisti e imprenditori compiacenti

L’indagine ha registrato la cooperazione da parte di professionisti e imprenditori per i quali è stata ipotizzata il concorso esterno in associazione mafiosa, per avere, in particolare i professionisti ( un avvocato e un commercialista) assunto il ruolo che può definirsi di “consiglieri”, lasciandosi coinvolgere nell’attività degli esponenti del sodalizio di ‘ndrangheta, fornendo consigli, pareri ed assistenza, suggerendo sistemi e modalità di elusione fraudolenti, funzionali a conseguire gli scopi dell’associazione stessa. “La ‘ndrangheta che si evolve – ha spiegato Gratteri – ha bisogno del mondo delle professioni, che a loro volta hanno abbassato di molto l’etica e la morale in nome del Dio denaro, è prona ai servigi all’imprenditoria mafiosa”.

Oltre alle misure cautelari è stato disposto anche il sequestro preventivo di terreni, fabbricati, quote societarie, imprese individuali e autovetture riconducibili a membri della famiglia Forastefano o ai loro prestanome, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.

Le persone finite in carcere:

Pasquale Forastefano, detto “l’Animale”, 34 anni, di Cassano all’Ionio;
– Alessandro Forastefano, 30 anni, di Cassano allo Ionio;
– Domenico Massa, detto “Cicciotto”, 44 anni, di San Lorenzo del Vallo;
– Luca Talarico, 36 anni, di Spezzano Albanese;
– Agostino Pignataro, 40 anni, di Spezzano Albanese ma domiciliato a Forlimpopoli (FC);
– Stefano Bevilacqua, 36 anni, di Cassano allo Ionio;
– Antonio Antolino, 41 anni, di Cassano allo Ionio;
– Leonardo Falbo, 42 anni, di Cassano allo Ionio;
– Gianfranco Arcidiacono, 36 anni, di Trebisacce;
– Nicola Abruzzese, detto “Semiasse”, 42 anni, di Cassano allo Ionio.

Ai domiciliari sono stati assegnati:

– Alessandro Arcidiacono, 51 anni, di Cassano allo Ionio;
– Saverio Lento, 62 anni, di Altomonte;
– Damiano Elia, 49 anni, di Cassano allo Ionio;
– Francesca Intrieri, 29 anni, di Castiglione Cosentino;
– Andrea Elia 36 anni, di Cassano allo Ionio;
– Vincenzo Pesce, 54 anni di Cassano allo Ionio, commercialista;
– Giuseppe Bisantis, 53 anni, di Capaccio Paestum (SA), avvocato.



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