Università degli studi di Bari “A. Moro”: Cellule artificiali diventano energeticamente autonome convertendo luce in energia chimica - NOC Press

Università degli studi di Bari “A. Moro”: Cellule artificiali diventano energeticamente autonome convertendo luce in energia chimica



Foto: Rappresentazione schematica del batterio fotosintentico Rhodobacter sphaeroides R-26, di un cromatoforo batterico utilizzato come organello, e di una cellula artificiale fotosintetica capace, sotto illuminazione continua, di produrre ATP e sostenere il processo di biosintesi di mRNA. (immagine realizzata da Filippo Trazzi).


Un importante studio portato avanti dai ricercatori del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro è stato di recente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America PNAS (https://www.pnas.org/content/118/7/e2012170118) e riporta importanti sviluppi nell’ambito della costruzione di “cellule artificiali” fotosintetiche capaci di convertire l’energia luminosa in energia chimica.


Lo studio ha visto la collaborazione dell’ Istituto dei Processi Chimico-Fisici (IPCF) del CNR di Bari, dell’Università del Salento di Lecce, dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova e dell’Institut de Chimie et Biochimie Moléculaires et Supramoléculaires, dell’Université de Lyon in Francia.


La costruzione di cellule artificiali energeticamente autonome - mediante un approccio bottom-up - rappresenta uno dei traguardi più ambiziosi nell’ambito della Biologia Sintetica, un’area di frontiera della biologia moderna.


Il ricercatore Emiliano Altamura e il prof. Fabio Mavelli, coordinatori della ricerca: “Questo studio dimostra che è possibile riconsiderare il processo di costruzione di cellule artificiali utilizzando un approccio ibrido sintetico/biologico. Essere riusciti a creare un sistema ex novo capace di dar luogo ad un processo così delicato come la trascrizione del DNA, innescato e sostenuto dalla luce, dimostra che siamo sulla strada giusta per la generazione di cellule artificiali foto-autotrofe. Il nostro design ibrido, infatti, apre le porte all’inclusione di altri organelli naturali facili da estrarre (come cloroplasti, mitocondri, ecc.), aumentando la versatilità dell’approccio bottom-up e quindi accelerando il possibile utilizzo di cellule artificiali in applicazioni di interesse biotecnologico e biomedico”.


Questo lavoro rappresenta un ulteriore passo avanti in questa linea di ricerca, in quanto ha mostrato come sia possibile adottare un approccio di tipo ingegneristico al problema, estraendo e riutilizzando componenti cellulari esistenti in natura, a livello di specifici organelli.


Questi risultati permetteranno di progredire velocemente verso la costruzione di cellule artificiali più complesse, dedicate sia alla scienza di base che a potenziali applicazioni biotecnologiche e biomediche.

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