Mafia e estorsioni: colpito il mandamento mafioso di Brancaccio
Una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa nostra dove imprenditori e commercianti sentivano la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona prima di aprire un’attività e dove tutti pagavano il pizzo senza denunciare.
Questo è quanto scoperto stamattina a Palermo nel blitz dai Carabinieri del nucleo investigativo del Comando provinciale e dagli agenti della Squadra Mobile che in collaborazione ha portato all’arresto di 16 persone appartenenti alle famiglie mafiose di Roccella e Brancaccio, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, traffico e detenzione di stupefacenti e possesso di armi.
L’operazione giunge al termine di due anni di indagini che hanno riguardato le due famiglie che ricadono nel mandamento di Ciaculli.
Sono una cinquantina gli episodi di estorsione rilevati dai poliziotti ai danni di vari operatori economici. I soldi del racket servivano per mantenere le famiglie dei carcerati.
L’elenco delle attività colpite comprendeva anche supermercati, autodemolitori, macellerie, discoteche, imprese di costruzioni. Di denunce però neanche l’ombra. Chi provava a reagire doveva fare i conti con minacce, rapine o spedizioni punitive.
In alcuni casi i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni per evitare di essere coinvolti in eventuali retate della polizia. Persino durante l’emergenza epidemiologica e il lockdown, i pochi negozianti rimasti aperti versavano il pizzo ai mafiosi nonostante i volumi di affari si erano ridotti tantissimo. Anche in questa occasione purtroppo nessuna vittima del racket aveva presentato denuncia alle forze dell'ordine.
I poliziotti hanno accertato anche la disponibilità di armi all’interno delle famiglie mafiose; armi perfettamente funzionanti che servivano per compiere rapine o spedizioni punitive.
Uno dei principali registi della riorganizzazione mafiosa era Maurizio Di Fede, il boss di Roccella, di cui gli inquirenti ricostruiscono una storia assurda: L'uomo si è scagliato contro una bambina di 7 anni, figlia di una sua amica, quando ha saputo che la bambina si stava preparando con la classe per partecipare a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci. "Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino”, si sente urlare il boss in una intercettazione. "Noi qua non ci immischiamo con i carabinieri. Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono” ripete l'uomo in diverse occasioni alla madre della bimba che insisteva perché la bimba voleva andare con gli amichetti. Il boss poi è tornato più volte a casa dei suoi amici, per accertarsi che la piccola non andasse.
“Queste parole fanno emergere tutto l’odio verso i giudici simbolo della lotta a Cosa nostra. I mafiosi hanno fatto una scelta di vita, che portano avanti fino alla morte, non è possibile pensare che possano essere recuperati a un sentire diverso, tranne che non scelgano di collaborare con la giustizia. Queste intercettazioni ci ricordano altresì l’importanza delle attività sociali e culturali fatte con i giovani, per la diffusione di una nuova cultura della legalità ” ha ricordato il prefetto Francesco Messina.
Secondo gli investigatori, al vertice della famiglia mafiosa di Roccella, finita sotto inchiesta insieme a quella di Brancaccio, sarebbero Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano: avrebbero gestito la rete relazionale mafiosa, fissando gli incontri con gli altri associati con la massima riservatezza e avrebbero gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.
Ad Angelo Vitrano, altro elemento di rilievo della organizzazione mafiosa, erano affidati compiti di raccordo con i vertice della «famiglia» di Ciaculli e di coordinamento del «lavoro» di Maurizio Di Fede. Quest’ultimo è indiziato di essere la mente operativa del clan, con compiti di promozione ed organizzazione delle attività estorsive e del traffico di stupefacenti. Sarebbe a capo di una schiera di soldati molto attivi sul territorio, sempre pronti non solo a raccogliere il pizzo ma anche ad effettuare sistematiche perlustrazioni della zona alla ricerca di nuove attività commerciali da includere nella lista degli estorti.
Tra gli uomini d’onore più attivi Rosario Montalbano, Salvatore Guicciardi, Onofrio Palma e Giuseppe Ciresi, organici al clan di Roccella. A loro bastava avvicinarsi ai commercianti, senza necessità di minacce esplicite, per ottenere quanto preteso. Il gruppo poteva contare su armi perfettamente funzionanti, a disposizione della famiglia mafiosa, pronte per essere utilizzate.
In diversi casi è stato necessario predisporre, da parte della Squadra Mobile, servizi specifici per prevenire rapine o spedizioni punitive contro coloro che la famiglia riconosceva come ostacoli per i suoi affari illeciti.
Per la famiglia di Brancaccio, spiccano, invece, i nomi di Girolamo Celesia e Filippo Marcello Tutino. Celesia, considerato personaggio di rilievo, ha partecipato a riunioni a massimi livelli del mandamento mafioso, anche con i boss di Ciaculli, e coordinato le attività criminali- droga ed estorsioni- sul territorio. Ha anche gestito personalmente alcune estorsioni a esercizi commerciali della zona. Un ruolo di rilievo spetta anche a Filippo Marcello Tutino che ha fatto valere la sua esperienza ed il suo «blasone» mafioso nella gestione dei rapporti gli uomini d’onore dispensando consigli anche sulle modalità di approccio nei confronti delle vittime di estorsione. Tra gli esattori della famiglia di Brancaccio, figura Gaspare Sanseverino, punto di riferimento di Celesia e della famiglia per le estorsioni e per una vera e propria mappatura delle attività commerciali sul territorio. Singolare è la posizione di Giuseppe Caserta. Scarcerato poco meno di due mesi fa, si è subito proposto agli attuali vertici di Brancaccio mettendosi «a disposizione» e rivendicando un ruolo nel clan.
Questi i fermati nell'operazione antimafia dei carabinieri e della polizia di Stato:
Giuseppe Greco, 63 anni;
Ignazio Ingrassia, 71 anni;
Giuseppe Giuliano, 58 anni;
Giovanni Di Lisciandro, 70 anni;
Stefano Nolano, 42 anni;
Angelo Vitrano, 63 anni;
Maurizio Di Fede, 53 anni;
Gaspare Sanseverino, 48 anni;
Girolamo Celesia, 53 anni;
Sebastiano Caccamo, 66 anni;
Giuseppe Ciresi, 32 anni;
Onofrio Claudio Palma, 43 anni;
Rosario Montalbano, 35 anni;
Salvatore Gucciardi, 41 anni;
Giuseppe Caserta, 46 anni;
Filippo Marcello Tutino, 60 anni.
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