Dobbiamo la longitudine a un naufragio del Settecento - NOC Press

Dobbiamo la longitudine a un naufragio del Settecento


Il naufragio della Association in una rappresentazione del 1710 (Wikimedia Commons)



Nel 1714 un memorabile disastro al largo delle coste britanniche condusse indirettamente al calcolo della distanza fra meridiani come lo conosciamo oggi


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Il 22 ottobre del 1707 la grande nave da guerra Association, della marina britannica, stava tornando da un lungo e infruttuoso assedio alla città francese di Tolone, nel mar Mediterraneo, a capo di una flotta di venti navi. L’ammiraglio Cloudesley Shovell e gli altri membri dell’equipaggio erano certi di trovarsi al largo della costa bretone, diretti verso il canale della Manica. Invece stavano andando dritti verso le Western Rocks, una manciata di scogli assai spigolosi vicino alle isole Scilly, a sud-est della Gran Bretagna. Verso le 20, quando ormai intorno a loro non si vedeva più nulla, la Association e le altre navi andarono a sbattere contro le rocce affondando in pochi minuti: morirono circa 1450 uomini, e solo 24 si salvarono.

Il naufragio della Association – il cui relitto è un bene tutelato – non viene ricordato solo come uno dei peggiori naufragi della storia britannica, ma anche per aver contribuito a dare la spinta necessaria a perfezionare il calcolo della longitudine, permettendo quindi alle navi di sapere con più esattezza la loro posizione lungo l’asse est-ovest. Fino a metà Settecento, infatti, questo calcolo veniva fatto a spanne misurando la velocità e la direzione della nave, ma aveva un margine di errore elevatissimo. E infatti il disastro del 1707 poteva forse essere evitato se l’ammiraglio Shovell avesse saputo con certezza la posizione della propria flotta rispetto alle Scilly.

La perdita della flotta dell’ammiraglio Shovell, all’epoca, causò grande costernazione nell’opinione pubblica britannica. Secondo Richard Larn, presidente della International Maritime Archaeological & Shipwreck Society sentito dalla BBC, il naufragio ebbe come diretta conseguenza l’introduzione del Longitude Act nel 1714, una legge che offriva un premio di 20mila sterline a chiunque fosse riuscito a elaborare un metodo di calcolo della longitudine «pratico e utile in navigazione». Tra gli altri, ci provarono Isaac Newton ed Edmond Halley (quello della cometa), ma alla fine a riuscire nell’intento fu John Harrison, carpentiere e orologiaio amatoriale dello Yorkshire.

Harrison – che aveva costruito il suo primo orologio a vent’anni, senza aver seguito alcun corso da orologiaio professionista – iniziò a lavorare a un primo cronometro marino nel 1728, finendo il lavoro sette anni dopo. Questo prototipo però era ancora perfezionabile, e Harrison continuò a lavorare a nuovi modelli finché, nel 1759, ne inventò uno che permetteva alle navi di calcolare la propria longitudine attraverso la differenza tra l’ora locale registrata in mare e quella del meridiano di Greenwich.

La longitudine è la coordinata che indica la posizione di un punto sul globo terrestre a est o a ovest del meridiano di riferimento, quello che passa per Greenwich, in Inghilterra, e congiunge i due poli. È un angolo che parte da 0° del primo meridiano e raggiunge i 180° a est e -180° a ovest. Nel Settecento il calcolo della latitudine (cioè la coordinata di una posizione lungo l’asse nord-sud) era già stato perfezionato, e si sapeva anche che misurare il tempo era un buon metodo per perfezionare il calcolo della longitudine. Il problema però era che non esistevano sistemi meccanici affidabili per la misurazione del tempo sulle navi, per via delle condizioni ambientali in mare aperto: in particolare i meccanismi allora conosciuti non erano affidabili per via delle oscillazioni durante la navigazione.

Harrison trovò una soluzione montando il meccanismo principale su una serie di molle che lo rendevano meno soggetto alle vibrazioni e alle oscillazioni. Il primo prototipo, H1, era troppo grande e pesante (35 chilogrammi), ma quello che vinse il premio, H4, era più trasportabile e pesava solo 1,5 chilogrammi, oltre a essere molto affidabile. Nonostante questo, il Longitude Board costituitosi a seguito del Longitude Act non riconobbe a Harrison l’intero premio, ma solo metà.

Lo scopo del Longitude Act venne raggiunto più di cinquant’anni dopo il naufragio della Association, che rimase sul fondo delle acque delle Western Rocks ancora due secoli prima che qualcuno la andasse a cercare. Nel 1963 Richard Larn, che allora era un ufficiale della marina, iniziò la ricerca del relitto con una dragamine chiesta in prestito a un ammiraglio. Per tre anni Larn e un gruppo di esploratori subacquei andarono avanti con le ricerche, finché non recuperarono un cannone di bronzo e alcune monete d’oro.

Nelle settimane successive, intorno al primo ritrovamento, continuarono a recuperare cannoni che vennero identificati come francesi, bottini di guerra della Association e delle altre navi della flotta. Vennero recuperati anche piatti, pettini, candelabri, fibbie e un’infinità di oggetti riconducibili a quel naufragio. In breve tempo, si sparse la voce e la gente cominciò a curiosare dove erano avvenuti i ritrovamenti. «Non c’era niente che impedisse alle persone di saccheggiare il relitto dopo che ce ne eravamo andati, ed è proprio quello che è successo» ha raccontato Larn a BBC. «Ce n’erano così tante di vecchie monete, in giro, che le usavano per pagarsi le birre al pub».

Nel 1973, dopo pressioni di Larn al parlamentare della sua circoscrizione, venne introdotto il Protection of Wrecks Act che tutela i relitti marini, ma in quei pochi anni in cui non c’era stata sorveglianza una quantità incalcolabile di reperti venne saccheggiata. Larn l’ha definita «una disgrazia nazionale». Oggi 24 relitti in acque britanniche sono protetti, di cui tre nei pressi delle isole Scilly, compreso quello della Association.

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