Con l’acqua in gola [VIDEO] - NOC Press

Con l’acqua in gola [VIDEO]


Sono state 24 ore di fuoco, dove la pioggia ha messo in ginocchio un’intera comunità. Sembra un giuoco di parole in antitesi, fuoco e pioggia, ma c’è una logica che li unisce.


Dopo il grande caldo che l’Italia, in particolare quella meridionale, ha dovuto sopportare, da qualche giorno pare che l’autunno abbia preso il sopravvento. Siamo ancora in estate, per poche ore, ma un cambiamento climatico così repentino non era atteso. Cambiamento climatico inteso meteorologico e non quello che si vuol far credere alle popolazioni come stravolgimento e radicalizzazione del clima, un’altra trovata della politica per giustificare emendamenti, leggi, imposizioni e sovvenzioni con denaro pubblico. Di certo qualcosa bolle in pentola, ma enfatizzare al massimo esponente ciò che i cicli climatici nei millenni hanno prodotto non è una politica che aiuta. Imporre il green a tutti i costi è obbligare tutti a cambiare a prescindere dalle possibilità, particolarmente primarie, che goccia dopo goccia nelle case, in questo caso, italiane, hanno portato a centellinare risorse e scelte, purtroppo proiettando il cittadino alla sopravvivenza, anche a vivere in strada, sotto i ponti e nutrirsi alle Caritas diocesane. 

 

 
Ma questo è un altro tema, che affronteremo parlando di pale eoliche e pannelli fotovoltaici che stanno letteralmente sostituendo il verde dei campi, un tempo sostentamento e che oggi con leggi artatamente studiate espropriano proprietari per il cosiddetto bene comune (meglio dire bene privato di grandi lobby e per poche). Un esempio è la Sardegna, dove tutti i cittadini, sindaci in testa, protestano con l’ormai incipit “a foras”, già utilizzato per la chiusura delle basi militari nell’isola, obbligati a cedere terreni in base a una legge disciplinata dal Testo Unico sugli espropri (Dpr. n. 327/2001), alimentata dal cosiddetto decreto Draghi (governo del 2021-2022) ed oggi rafforzata dal nuovo Decreto Semplificazioni. Ciò avviene anche in altre parti del fu Belpaese e in Capitanata.

Piogge improvvise, torrenziali ma di breve durata, che gonfiando anche torrenti, stanno devastando territori, mettendo in ginocchio imprese, uccidendo persone e rendendo incolti i terreni. È quello che sta accadendo in queste ore in alcune parti dell’Italia, vedi l’Emilia Romagna.

I media parlano e scrivono di bombe d’acqua, utilizzando una terminologia che impaurisce l’ascoltatore e il lettore, quasi a convincerlo che nulla si può fare se non cambiare tenore di vita investendo (spendendo) nel green, che fosse energia alternativa o auto elettriche, un vero e proprio bluff per insaccare più soldi nelle tasche di aziende e persone senza scrupoli. Per noi rimangono sempre acquazzoni e, al massimo, forti piogge torrenziali.

Ma il focus, oggi, è incentrato sulla Capitanata, quella provincia un tempo il granaio d’Italia e oggi la riserva energetica furbescamente green per alcune aziende del Nord e straniere, dove il Tavoliere verdeggiante e dorato è stato sostituto da distese di pannelli neri e grandi pale. Un danno alla flora e alla fauna che ormai si rintana lontani dai luoghi natii e autoctoni, dando luogo, così, ad una vera e propria fuga (sperando non nell’estinzione). Un territorio, come altri, dove l’abitudine di pulire corsi d’acqua, preservare argini di fiumi e torrenti, rispettare le aree boschive non estirpando alberi secolari, ed ancor di più non incendiarle colposamente per profitti, impedire costruzioni a ridosso di coste e corsi d’acqua, non pulire i tombini della raccolta d’acqua piovana, stanno portando prima ad allagamenti e frane e poi alla desertificazione e perciò alla tabula rasa di intere aree agresti che inevitabilmente la natura si riprende.

Sul subappennino dauno, sulla zona costiera meridionale del Gargano zona Macchia, il rischio di dissesto idrogeologico è quotidiano, con strade che si squarciano, franano, intere pareti di falesie che crollano dalla continua erosione e nessun comune se ne occupa, anzi delimita con divieti la circolazione senza pensare a chi in quelle aree ha terreni e colture con cui vivono.

Piogge improvvise, torrenziali ma di breve durata, che diventano “assassine”, che invadono case, campi e colture, strade, trascinando con sé tutto ciò che incontrano, distruggendole, è il fenomeno che da qualche anno sta tenendo col fiato sospeso popolazioni. Un fenomeno imprevedibile al contempo arginabile se si decidesse sul serio di attuare politiche e azioni pro-natura, quella che oggi si sta riprendendo lo spazio sottratto dall’uomo.

Alluvioni sempre più frequenti, un problema che si ripete di anno in anno, a distanza di pochi mesi. E i danni son sempre nelle stesse aree, dove comuni, province, regioni e governi hanno parlato tanto e fatto assolutamente nulla. Lo Stato e il governo erogano denaro, sempre insufficiente, con decreti anche straordinari e gli enti locali ne fanno più abuso che uso.

Intanto ci si dispera e si piange. Si muore. Si rimane senza un tetto e un tozzo di pane, incolpando il cambiamento climatico ipnoticamente indotto da politiche nascoste. Ma il male siamo noi stessi, perché a tutti piace la casa in riva al mare o di fianco un fiume, senza tener conto che quell’area deve rimanere così come Madre Natura l’ha plasmata e che oggi se la riprende.

Siamo i fautori del consumo del suolo anziché riconvertire ciò che già c’è, come dettano le linee guida per una ecologia sostenibile.

Oggi tutto si basa politicamente sulla Transizione ecologica, puntando sulla decarbonizzazione. Va bene, ma non possiamo trasformare del tutto le nostre terre in distese fotovoltaiche e pale al vento. Sembra esser ritornati fiabescamente indietro, nel romanzo dello spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra del “Don Chisciotte della Mancia”, dove il protagonista nel suo viaggio combatteva per difendere i deboli e riparare i torti, affrontando i mulini a vento scambiati per giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, le greggi di pecore per eserciti arabi. Una trama che ha del contemporaneo, considerando che le nostre menti sono continuamente bombardate da messaggi subliminali in favore della supremazia delle grandi lobby. Le stesse che stanno obbligando milioni di persone a spendere più del dovuto con il grande bluff delle auto elettriche. Si, proprio quelle che montano batterie prodotte da fabbriche che utilizzano energia elettrica a sua volta prodotta da centrali non green poiché utilizzano come fonte primaria energetica derivati dal petrolio, carbone, nucleare.
Una transizione che nei numeri non ha senso, ma che gonfia le tasche di chi produce. In Europa la produzione di CO2 è pari al 7%, cui solo le auto all’1%. Ed in Europa investono proprio quelle aziende internazionali che del green non ne vogliono sapere, come India, Cina, Stati Uniti, i maggiori produttori di CO2. Ma di cosa stiamo parlando?
E questo è il Green Deal europeo? Mah! A noi pare il Green Devil europeo.

Fa male vedere dell’acqua nera che si riversa a Baia delle Zagare.

Fa male vedere un Vigile del Fuoco, un angelo in Terra, che muore mentre salva due vite.

Fa male vedere torrenti cittadini.

Fa male osservare con arroganza una Natura che con la sua forza si ribella, rimanendoci sempre amica.
 
È proprio vera una massima che oggi circola sui social: “Una volta si dragavano i fiumi, si pulivano le cunette delle strade, i tombini… Ora si scrive Allerta Meteo ed è tutto fatto”. Appunto, tutto fatto, giustificando ciò che un ente doveva fare e che non ha fatto, sollevandosi da colpe e puntando il dito verso il cittadino piuttosto contro la sua inetta incosciente incapacità di fare del bene e bene alle popolazioni e territori. Gli stessi enti che oggi riassumono le catastrofi climatiche con la parola “cambiamento”, giustificando politiche green che di verde hanno solo i colori di scritte pubblicitarie.
 
@NOCPress

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