Dossieraggio: Circa 10mila gli accessi abusivi effettuati, per Laudati e Striano chiesti gli arresti - NOC Press

Dossieraggio: Circa 10mila gli accessi abusivi effettuati, per Laudati e Striano chiesti gli arresti

 


Rigettata la richiesta di domiciliari per Laudati e Striano, l'ex magistrato della procura antimafia e l'ex sottufficiale della guardia di finanza


Scrive il giudice nel rigetto della richiesta di misura cautelare, ora impugnata davanti al tribunale del Riesame – come siano ancora in corso indagini al fine di verificare quali fossero le effettive finalità di Striano nell’operare un numero così considerevole di accessi abusivi, effettuati in favore peraltro non solo di numerosi giornalisti ma anche di soggetti privati e di soggetti organici all’interno di organismi istituzionali, ravvisando quindi il pericolo di inquinamento probatorio rispetto a tale ulteriore attività di indagine.

In effetti rispetto ai motivi che avrebbero indotto Striano a fare tutti quegli accessi, ci sarebbero una serie di possibili scenari su cui sta lavorando l’ufficio del procuratore.

La decisione del gip è stata contestata dalla Procura di Perugia che ha presentato appello sottolineando come «l’affermazione del Giudice secondo cui gli indagati avrebbero avuto "in tutto o in parte" accesso agli atti processuali non è esatta. Al contrario – prosegue la nota – a oggi, nessuna scoperta degli atti vi era mai stata e non erano stati nemmeno contestati gli esiti delle indagini agli indagati che legittimamente non si erano, come più volte rimarcato, presentati a rendere interrogatorio. La segretezza del compendio probatorio era stata a tal punto cautelata che si era richiesto al Presidente della Commissione Antimafia – organismo bicamerale che ha titolo ad ottenere anche atti coperti dal segreto investigativo – di soprassedere dalla già avanzata richiesta degli atti processuali, fino a quando sarebbe rimasto il segreto».

Resta sempre la domanda circa chi sia il mandante della richiesta di informazioni attinente a tutti i "soggetti organici" e sugli "organismi istituzionali" e l’ipotesi della procura, diretta da Raffaele Cantone, mira a far luce proprio su questo aspetto. 

Il Procuratore della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone


Non tanto le rivelazioni nei confronti dei giornalisti (alcuni indagati ma per i quali non è stata sollecitata alcuna misura) che avevano attinto alla banca dati della procura nazionale antimafia, attraverso Stiano, piuttosto a scoprire chi altro fosse interessato a scoprire i dietro le quinte dei potenti di turno, considerato che si sono avute le chiavi d’accesso a tutti sistemi informatici: economico, penale, catastale, fiscale.

Circa 10mila gli accessi effettuati tra il 2019 e il 2022 ma in 172 casi si tratta - emerge sempre dal provvedimento giudiziario - di “politici, personaggi dello spettacolo, ministri, imprenditori, calciatori”. Una scrematura tuttora in corso.

Ricordiamo che l’inchiesta parte da un esposto presentato ad Agosto dal Ministro Guido Crosetto alla Procura di Roma ed ha denunciato in seguito a un articolo del quotidiano Domani che parlava dei compensi ricevuti da parte di Leonardo e altre aziende di armi italiane. L’esposto poi approda alla procura di Perugia, quando emerge il coinvolgimento del magistrato antimafia Laudati. Quest’ultimo inizialmente, tenta di coprire il finanziere Striano con esternazioni ritenute ’false’ al vertice dell’Antimafia. Per l’accusa questo è un primo depistaggio.

  Il Ministro della Difesa Guido Crosetto

Pare che proprio durante il passaggio segreto di consegne tra uffici giudiziari che Laudati contatta – è riportato nel provvedimento – una dipendente della procura nazionale antimafia (in quel momento retta da Giovanni Melillo) che lo informa della riunione al vertice tra procuratori. Uno degli elementi su cui l’Ufficio di Perugia fonda il pericolo di inquinamento probatorio, alla base della richiesta degli arresti. 

Sia il pm che il finanziere infatti - secondo l’accusa - si mossero per contattare coindagati e personaggi influenti, sia per predisporre una difesa pubblica (nonostante si fossero entrambi avvalsi della facoltà di non rispondere), sia per accreditare un’altra natura all’indagine.

“Rispetto a Laudati – scrive la procura – l’esigenza è quella di preservare la genuinità del compendio probatorio ed evitare contatti con persone che rivestono ruoli apicali all’interno di organi istituzionali o ruoli governativi così evitando eventuali condizionamenti dell’indagine in corso anche mediante l’indebita divulgazione di dati riservati relativi all’indagine”.

Le indagini sull'inchiesta, chiarisce Raffaele Cantone, Procuratore della Repubblica di Perugia in una nota, per il presunto dossieraggio proseguono e "non è prevedibile la loro conclusione in tempi brevi" in quanto, dagli accertamenti, "sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi" al sistema delle segnalazioni di operazioni sospette. Inoltre, prosegue il procuratore, "si è ulteriormente intensificato il rapporto di collaborazione con la Direzione nazionale antimafia che, oltre a svolgere doverose funzioni di coordinamento, ha effettuato approfonditi ulteriori accertamenti sulla propria Banca dati, fornendo importanti riscontri alle indagini in corso".

Ma, nonostante il rigetto della misura perché “le condotte di Laudati e Striano non possono essere poste alla base della ritenuta sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio”, secondo il giudice “appare indiscutibile la sussistenza di plurimi, gravi e precisi indizi di reità”.

Nella richiesta cautelare di oltre duecento pagine la procura ha riferito che “sono state evidenziate specifiche circostanze, ascrivibili ad entrambi gli indagati, emerse dalle indagini che sono state ritenute dall’ufficio come gravi fatti di inquinamento probatorio in grado di danneggiare la genuinità del cospicuo compendio probatorio già acquisito”. 

Inoltre secondo gli inquirenti Striano “è ancora in servizio, sia pure in un reparto non operativo e sia pure privato da tempo dalla propria amministrazione delle password per accedere alle banche dati”. E il pericolo di recidiva si era ipotizzato, “anche e soprattutto alla luce delle articolate relazioni che lo stesso ha dimostrato di avere e che gli potevano consentire, anche tramite soggetti terzi, la commissione di ulteriori reati della stessa indole”.

“La richiesta di arresti domiciliari e l’appello interposto dalla procura, così come l’iniziativa di diffondere una nota, ci hanno sorpreso per l’irritualità di tutto ciò. Siamo estremamente fiduciosi che il Tribunale del Riesame, all’udienza del 24 settembre, fornirà una conferma della estraneità e pericolo di inquinamento probatorio che riteniamo non sussistere perché i presupposti di diritto non esistono e soprattutto perché ciò che viene contestato come pericolo di inquinamento probatorio al consigliere Laudati non è altro che l’esercizio legittimo del diritto di difesa”. È quanto dichiara, il professore Andrea Castaldo, avvocato dell’ex sostituto procuratore dell’Antimafia Antonio Laudati.


CHI E’ ANTONIO LAUDATI, IL MAGISTRATO INDAGATO A PERUGIA

  Il Magistrato Antonio Laudati
                                

Ma chi è Antonio Laudati? Magistrato campano in forza alla Direzione nazionale antimafia, Laudati ha 70 anni, a un passo dalla pensione. Dopo una carriera passata tra Napoli e il ministero, dove era stato Direttore degli affari penali, nel 2009 venne mandato a dirigere la Procura di Bari. Qui, come ricorda Repubblica, ci fu “il primo grande inciampo: appena arrivato scoppiò il caso Tarantini-Berlusconi, con l’imprenditore che portava le escort a casa dell’allora presidente del Consiglio. Laudati – prosegue il quotidiano – arrivò con il bollino di magistrato vicino al centrodestra – era in ottimi rapporti con l’allora ministro della Giustizia, Angelino Alfano e soprattutto con uno dei suoi predecessori, Nitto Palma, poi fidato collaboratore della presidente del Senato Elisabetta Casellati – e finì sotto inchiesta a Lecce dove gli contestavano di aver rallentato le indagini sul Cavaliere. Accusa dalla quale poi è stato assolto, in primo grado e in appello”.

Ora i pm di Perugia gli contestano di aver fatto quattro istruttorie abusive, violando le regole del suo ufficio e affidandosi alle accuse di alcuni soggetti ritenuti a lui vicini. Come l’episodio, ricorda sempre Repubblica – “del dossier pre-investigativo inviato alla procura di Roma sul presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, messo insieme dopo che un collaboratore del presidente della Lazio Claudio Lotito, acerrimo nemico di Gravina, aveva portato delle carte a Striano”.


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