Liberi di morire. Il "via libera" dall'Asl al suicidio assistito dopo due sentenze della Corte Costituzionale.
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(Foto da profilo Fb L. Santi) |
Dal profilo facebook di Laura Santi leggiamo
"Amici, dopo le notizie di queste settimane, dopo le indiscrezioni di stampa, dopo le fughe di notizie, è arrivata finalmente l'ufficialità ed è arrivato il momento di sciogliere la riserva.
HO VINTO LA MIA BATTAGLIA!
DOPO DUE ANNI E MEZZO HO CONCLUSO LA MIA BATTAGLIA GIUDIZIARIA.
Lo Stato italiano, nella fattispecie la mia regione e la mia ASL, ha riconosciuto che sono libera di morire.
SONO TRE ANNI E MEZZO IN TUTTO, CHE FACCIO QUESTA BATTAGLIA. Sono passata prima dai mass media, poi dai tribunali, ultimamente dalla politica. Nel frattempo la mia malattia è peggiorata. Nel frattempo, aggrappata alla vita con i denti e con le unghie sto.
Ma lo capiranno i politici che questa libertà non fa male a nessuno?
Lo capiranno i politici che essere liberi e arbitri della propria esistenza, specialmente quando non ci resta altro, è la migliore cura palliativa che possa esistere?
Oggi abbiamo vinto tutti una battaglia per tutti.
Grazie!
Associazione Luca Coscioni"
Laura Santi ha accolto con entusiasmo la sentenza. "E' tanta gioia e tanta importanza e tanta responsabilità perchè non è una libertà qualunque, è una libertà totale e definitiva" le sue parole ai microfoni dei vari media.
Ed ancora un passaggio importante "Avere una malattia feroce e non sentirsi più in trappola. E' tutta qui la differenza ed è immensa"
"In questo momento mi piace tenere quel pezzo di carta ed essere libera di decidere della mia vita. Grazie, deciderò giorno per giorno"
La sua è stata anche una battaglia per aprire un varco a chi oggi vorrebbe decidere come lei per le condizioni di vita cui è sottoposta.
L'Asl 1 di Perugia, sulla scorta di due sentenze della Corte costituzionale, ha riconosciuto che esistono i presupposti per concedere alla donna affetta da sclerosi muitipla, il diritto di morire, dando il via libera per il suicidio assistito.
Il caso riguarda Laura Santi, una 50enne di Perugia affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla.
Dopo due anni dalla sua richiesta per l'accesso al suicidio assistito, dopo due denunce, due diffide, un ricorso d'urgenza e un reclamo per ottenere una risposta da parte dell'azienda sanitaria umbra, è arrivata la relazione della commissione medica.
Gli esperti hanno riconosciuto che il caso di Laura Santi presenta i quattro requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo che in Italia ha legalizzato il suicidio assistito.
Quindi la donna è stata considerata:
capace di autodeterminarsi;
affetta da una patologia irreversibile;
che provoca sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili;
dipendente da trattamenti di sostegno vitale.
In particolare, la commissione medica ha confermato la presenza di questo ultimo requisito, inizialmente non riconosciutole, anche sulla base dell'ultima sentenza della Corte costituzionale (135/2024) - dove la stessa Santi era intervenuta nel giudizio ed era stata ammessa - secondo cui alcune procedure che "si rivelino in concreto necessarie ad assicurare l'espletamento di funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo, dovranno certamente essere considerate quali trattamenti di sostegno vitale".
Ora si tratta soltanto di individuare farmaco e modalità per procedere. E a decidere sarà sempre la Santi quando e se lo riterrà di fare.
Laura Santi è la prima cittadina umbra, e la nona persona in Italia, a ottenere il via libera per l'accesso alla morte volontaria assistita. Prima di lei avevano ricevuto parere positivo dalle rispettive aziende sanitarie locali Federico Carboni (nelle Marche), la signora Gloria (in Veneto) e Anna (in Friuli Venezia Giulia) che in seguito hanno proceduto con l'autosomministrazione del farmaco letale. Mentre Stefano Gheller (in Veneto), dopo aver ricevuto la relazione finale con la conferma dei requisiti previsti dalla Consulta, scelse di non procedere con l'aiuto alla morte volontaria, è successivamente deceduto a causa della malattia, mentre Antonio (sempre nelle Marche), che ha ottenuto parere favorevole al suicidio assistito, ha poi deciso di voler continuare a vivere.
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