Il disastro IdroGeoCementizio! Rinaturalizzare il territorio per prevenire!
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(Foto: Imaresz da Pixabay) |
“In Italia è piovuto tanto in questi giorni, i fiumi si sono ingrossati e siamo ancora in allerta, ma fra un po’ si si ricomincerà a parlare di siccità . Ma chi si occupa di manutenzione, ripristino e prevenzione non sta con le mani in mano. Dal 2000 abbiamo avuto più di 13.000 alluvioni e frane all’anno, più di 30 al giorno. Amo citare Don Milani, proprio lui, ben 70 anni fa scriveva in una delle sue lettere: "Ricchezza in Italia s’è sprecata e se ne spreca (…) Ogni anno da ormai si ripete la storia delle alluvioni, dei morti, della famiglie disastrate, dei miliardi ingoiati dall’acqua, ogni anno a scadenza fissa. Non un problema di fondo è stato risolto (...) Agli investimenti estensivi che, per esempio nel tentativo di bloccare il dissesto idrogeologico, potrebbero incrementare lo sviluppo aumentando l’occupazione, è stato preferito altro". Dunque Don Milani, 70 anni fa parlava di temi che riguardano noi, oggi! ”. Lo ha affermato Federico Preti, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica e Docente di Idraulica dell’Università di Firenze.
E ci sono i dati!
“Per contrastare il rischio idrogeologico in Italia si spendono 8.3 miliardi all’anno solo per riparare i danni (ad es. per l’alluvione in Toscana del 2023 ci vorrebbero circa 3 miliardi)
Per risolvere il problema alla radice ce ne vorrebbero circa un terzo (3,3 miliardi all’anno): dopo l’alluvione di Firenze la Commissione De Marchi per il complesso di opere ed interventi risolutivi proponeva nell'arco di 30 anni e una spesa di circa 100 miliardi di Euro rivalutati ad oggi, proprio come aveva previsto Italia Sicura (33 miliardi in 10 anni)
Sarebbe solo l’1,4 per mille del PIL attuale – ha continuato Preti - mentre si vuol frenare il Green Deal e la transizione ecologica o, ad esempio, per le spese militari si stanzia 10 volte tanto.
Sempre la Commissione De Marchi proponeva importi da destinare alla prevenzione con sistemazioni diffuse pari a ben circa il 40% del totale destinato agli interventi strutturali di mitigazione del rischio necessari.
In realtà i fenomeni di dissesto (erosione, frane, esondazioni, etc.) sono naturali, ma creano danni solo se si costruisce e vive in zone a rischio (se possibile, la soluzione migliore sarebbe non-strutturale: divieto di costruire o delocalizzazione).
Il consumo di suolo (ben 19 ettari al giorno, più di 2 metri quadrati al secondo; con più di 200 abusi edilizi al giorno e 6.000.000 di Italiani in case non regolari) ha enormemente aumentato la vulnerabilità e l’esposizione di beni e persone al danno.
Il cambiamento di uso del suolo e la minore manutenzione dei nostri bacini idrografici, oltre agli effetti del cambio climatico, hanno portato oggi ad un rischio notevolmente maggiore.
Anche con riferimento all’alluvione del novembre 2023 in Toscana e alla precedente in Emilia Romagna, è stato di recente confermato che solo per la perdita di trattenuta e rallentamento nel reticolo idraulico minore e nei terrazzamenti di versante (cassa di espansione-laminazione equivalente diffusa), la pericolosità è aumentata intorno al 20-30%, e considerando anche gli effetti del cambio climatico, fino a oltre il 50% (quindi gli eventi critici ora hanno una frequenza maggiore, ovvero un tempo di ritorno minore) ”.
Rischio aumentato. Ingegneria Naturalistica sempre più importante!
“Ecco quindi che abbiamo un rischio che è cresciuto in maniera ormai insostenibile (più che idrogeologico, ormai rischio “idrogeo-illogico” o “idrogeo-antropico”).
Da recenti sudi dell'Università di Firenze e AIPIN su bacini idrografici colpiti da alluvioni, si è quantificato che il rischio è più che decuplicato a seguito di trasformazioni del territorio ed effetti del cambio climatico e questo può essere compensato da interventi di rinaturalizzazione (Ingegneria Naturalistica - Nature Based Solutions). Oggi anche i massimi esperti di Idraulica, Scienze della Terra o Geotecnica ne riconoscono la validità e necessità .
Da sempre, con l’Ingegneria Naturalistica, si privilegia l’opzione zero (non-intervento se non necessario, in caso di processi naturali) oppure la rinaturalizzazione/riqualificazione prima degli interventi strutturali che, qualora inevitabili si realizzeranno con opere “verdi” rispetto a quelle convenzionali “grigie”, tenuto conto dei limiti tecnici e della deontologia professionale. Il tutto rispettando, naturalmente, il principio Do No Significant Harm (DNSH) per cui gli interventi non arrechino alcun danno significativo all'ambiente.
Ormai le strategie e programmi europei e nazionali vanno in questa direzione – ha concluso Federico Preti - basti pensare alla Restoration Law e a quelli sostenuti dal Recovery Plan/PNRR,. Ad es., con l’emanazione del DPCM 27/09/2021 sono stati definiti criteri e metodi per identificare le priorità di finanziamento degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico in Italia: tra gli interventi proposti, si darà priorità ai cosiddetti interventi “integrati”, nei quali si associa la protezione di ecosistemi e biodiversità alla mitigazione del rischio idrogeologico, ottenendo la riqualificazione del territorio.
Intervenendo “a monte” possiamo infatti avere ulteriori vantaggi (ad es. trattenere e rallentare l’acqua garantisce anche un accumulo di riserve idriche per i periodi aridi e ravvenamento delle falde). Anche nelle zone urbanizzate riusciamo per es. a de-impermeabilizzare le pavimentazioni e a ridurre gli effetti delle isole di calore.
L'Ingegneria Naturalistica ha, pertanto, certamente un ruolo per la mitigazione del rischio idrogeologico e la valorizzazione del paesaggio, con costi più sostenibili e portando occupazione, compensando anche la mancanza di manutenzione del territorio e aumentandone la resilienza agli effetti del cambio climatico e del consumo di suolo”.
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