8 marzo: l' autosufficienza economica fa la vera felicità
Comunicato stampa a cura dell' APS Koll.Era, San Giovanni Rotondo (FG)
Anche il 2025 ci propone di festeggiare l’8 marzo approfittando di sconti e regalini nei negozi, oppure godendo di consumazioni omaggio riservate alle donne in bar e discoteche; il tutto con la solita comunicazione mediatica (grafica e testuale), fatta di tacchi a spillo rossi, cuoricini, rose e frasette buoniste di circostanza: abbagli di un benessere posticcio e dissimulatore dalle tonalità pink (-washing) che inducono a distogliere lo sguardo da una realtà ancora troppo discriminatoria, oggettivizzante e ostacolante per le donne.
Una realtà opprimente le cui radici si annodano soprattutto attorno alle opportunità di scolarizzazione e alle conseguenti dinamiche lavorative, mutevoli tra uomo e donna, tra nord e sud Italia. Secondo il Rendiconto di genere presentato lo scorso 24 febbraio dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, benché il numero di donne diplomate e laureate con voti alti sia decisamente maggiore rispetto a quello degli uomini, la loro superiorità carrieristica negli studi non si traduce però nella presenza femminile in posizioni apicali nell’ambito lavorativo, né tantomeno garantisce loro alcun tipo di stabilità.
Di fatto, continua ad aumentare in maniera allarmante il tasso di disoccupazione, il lavoro part-time involontario e i contratti precari, soprattutto nel Meridione.
Questa preoccupante condizione di disparità e precarietà a ostacolo di una vita dignitosa per le donne è solo il contorno di un aspetto ancora più basilare: l’instabilità primaria riguarda specialmente il divario retributivo di genere, che fissa per le donne un salario inferiore al 20% rispetto ai colleghi uomini, a parità di ruoli, mansioni e responsabilità.
Volendo fare un esempio, si potrebbe dire che in un anno le donne sono stipendiate solo per 10 mesi e non per 12. Sfruttate quanto gli uomini ma pagate meno e abusate di più, nel mercato del lavoro le donne subiscono ulteriori ingiustizie e discriminazioni dettate dal genere, che la società fa pesare loro affidandogli quale primo lavoro “utile” quello gratuito di cura di bambini e anziani, esponendole più facilmente alla povertà giovanile e ai suoi strascichi nell’età senile.
Alla luce di quanto detto, la soluzione non è l’aumento dell’occupazione, come spesso ci viene fatto credere. Se l’ingresso di più donne nel mercato del lavoro si traduce semplicemente nell’aumento della nostra povertà, l’azione veramente risolutiva rimane, senza dubbio, la promozione urgente di programmi politici ed interventi economici, sociali e culturali che garantiscano forme di protezione sociale per chi non è in grado di lavorare e per coloro che si trovano in situazioni di disoccupazione involontaria; e che puntino a garantire loro un'autosufficienza economica al di fuori delle logiche del dominio patriarcale e capitalistico.
Questa soluzione sarebbe svantaggiosa per la cultura dominante patriarcale, perché sono proprio la sicurezza di una maggiore autostima e la partecipazione attiva alla vita della comunità generate dall’emancipazione economica femminile, ad attuare plasticamente la minaccia allo sfruttamento sessista vigente.
Non vogliamo né possiamo più sopravvivere di stenti per la pretesa di possesso delle nostre vite da parte di altri, fautori intenzionali di una violenza capitalistica e patriarcale vantaggiosa al solo benessere individuale di chi detiene il potere.
Se anche oggi il sistema socio-economico fortemente capitalista ci chiede di fare soldi solo per consumare, approfittando delle sue offerte sconto sensazionalistiche e dei suoi omaggi di sovrapproduzione e distraendoci dalla condizione di svantaggio delle persone socialmente femminilizzate, noi rispondiamo con rabbia, rifiutando di adeguarci all’immagine maternale, addomesticata e sottomessa che la società ancora impone.
Non vogliamo più morire per la pretesa di possesso delle nostre vite da parte di altri né lasciarci imprigionare in una condizione di povertà imposta dal sistema capitalistico di consumo attuale.
Con la sicurezza di un ragionamento critico consapevole, scegliamo di pretendere e costruire una realtà alternativa, equa e solidale, che sappia concretizzarsi con forza, perseveranza e sistematicità. È tempo di agire. Facciamolo insieme.
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