Siria: il massacro degli Alawiti e il collasso della leadership di Sharaa
Siria: Il Massacro degli Alawiti e la Crescente Frattura tra le Fazioni
L’iniziale euforia per la possibile caduta del governo di Bashar al-Assad si è rapidamente dissolta, lasciando spazio a una tragedia ancora più grande. La presunta "leadership inclusiva" di Ahmad al-Sharaa, supportata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e dalle sue fazioni alleate, ha subito un colpo devastante dopo il massacro di alawiti siriani perpetrato da forze che gli sono fedeli. Interessante notare che, nonostante l'occupazione israeliana sia a soli 20 chilometri dalla capitale, l'amministrazione di Damasco non sta concentrando i propri sforzi su tale minaccia né su quella proveniente dai drusi nel sud, o dalle Forze Democratiche Siriane (SDF) nel nord-est.
Il gruppo maggiormente preso di mira da queste forze è la minoranza alawita, che da settimane subisce abusi sistematici: rapimenti, esecuzioni sommarie, incursioni nelle abitazioni e, in alcuni casi, umiliazioni forzate, come l’ordine di abbaiare come cani.
Mentre il governo Sharaa tenta di giustificare la violenza come una risposta contro i "resti del regime", la repressione contro gli alawiti è rapidamente degenerata in un massacro indiscriminato. Secondo l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), il 10 marzo sono stati uccisi almeno 973 alawiti, con le forze di sicurezza che hanno giustificato l'attacco come una parte della lotta contro la "violenza armata dei resti del regime". Tuttavia, tale giustificazione appare sempre meno credibile.
Tutto è iniziato il 4 marzo, con l’uccisione di due membri del Ministero della Difesa siriano in un’imboscata nel quartiere alawita di Datur, nella provincia di Latakia. La reazione delle forze di sicurezza è stata violenta: i civili sono stati uccisi, e l'attacco è stato ripreso e diffuso a livello globale. La violenza è progredita velocemente, e il 6 marzo, a Daliyah, un giovane alawita è stato arrestato, scatenando una reazione che ha portato alla morte di 13 soldati in un’imboscata. A seguito di ciò, Damasco ha lanciato bombardamenti indiscriminati sui villaggi alawiti.
La situazione ha innescato proteste di massa, con i manifestanti che hanno preso d'assalto l'ufficio del governatore a Tartous, sede di una base navale russa. Le forze di HTS hanno risposto aprendo il fuoco sui dimostranti, e sono emerse notizie di massacri ai danni della minoranza alawita. Un gruppo armato alawita, la "Coastal Shield Brigade", ha dichiarato una rivolta armata, mentre Damasco ha imposto il coprifuoco e avviato una vasta campagna militare.
Nel frattempo, i social media hanno amplificato l’odio settario, con moschee che incitavano alla "jihad contro gli alawiti", alimentando un conflitto che rischia di cancellare ogni speranza di riconciliazione nazionale.
La violenza ha costretto molti alawiti a fuggire nelle zone montuose o a cercare rifugio in Libano, con circa 2.000 che hanno trovato scampo nella base aerea russa di Hmeimim. Molti altri hanno perso la vita, tra cui famiglie intere. Alcuni dei racconti più tragici provengono da giornalisti e attivisti, come Hala Mansour, che ha visto la propria famiglia sterminata durante un massacro a Al-Qusour.
Nel frattempo, il governo di Damasco ha cercato di minimizzare le proprie responsabilità , avviando indagini sugli incidenti, ma la sua ipocrisia è palese. Sharaa ha cercato di giustificare la violenza come risposta a una minaccia esistenziale, ma la realtà è che i crimini settari sono ormai all'ordine del giorno sotto il suo regime.
Le alleanze tra gruppi etnici e religiosi, tra cui ceceni, drusi e curdi, che si sono uniti sotto l’amministrazione di Sharaa, potrebbero rivelarsi una delle sue principali sfide. I massacri contro minoranze come i curdi e i drusi stanno minando le fondamenta di questa fragile alleanza, mettendo a rischio la stabilità dell’intero paese.
A livello internazionale, la situazione ha suscitato preoccupazione. L'Arabia Saudita e la Turchia offrono sostegno a Damasco, mentre Stati Uniti e Russia hanno chiesto una riunione d’emergenza all'ONU per affrontare la violenza. Tuttavia, l'Europa è rimasta sbalordita dagli sviluppi e alcuni governi hanno preso le distanze dalla leadership di Sharaa, chiedendo indagini indipendenti e manifestando preoccupazione per i massacri.
La Siria appare ora divisa in modo irreversibile, e la speranza di una ricostruzione nazionale sembra svanire, mentre i massacri e la violenza settaria minacciano di segnare il futuro del paese per gli anni a venire.
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