Il Made in Italy sotto attacco: come il mondo falsifica la nostra cucina
Redazione NOCPress
24 aprile 2025
La bandiera italiana sventola su milioni di ristoranti nel mondo. Ma dietro quel tricolore, troppo spesso, c’è solo marketing. Un’inchiesta tra Londra, Berlino, New York e Dubai per raccontare la frustrazione degli italiani all’estero davanti a un'identità tradita. E la proposta per una legge internazionale che tuteli la nostra cucina come patrimonio culturale.
Il sapore amaro dell'identità perduta
"Quando entro in una pizzeria che espone la bandiera italiana, mi aspetto di trovare l’Italia. Ma poi sento parlare turco, vedo l’ananas sulla pizza e l’impasto è un disco di cartone. Mi sento tradito."
— Luca M., italiano residente a Londra
l'illusione del tricolore
Il tricolore italiano, il nome “Pizza Napoletana”, la scritta “Cucina Italiana” sugli ingressi dei locali in ogni angolo del mondo. A prima vista, sembrerebbe una vittoria per il Made in Italy. Ma basta sedersi al tavolo, aprire il menu o dare un’occhiata in cucina per rendersi conto che spesso, di italiano, non c’è praticamente nulla. Né le mani che impastano, né la mozzarella, né la storia.
Per un italiano residente all’estero, questa è una ferita aperta: l’identità culinaria nazionale è sistematicamente snaturata, trasformata in prodotto commerciale da chi non conosce né la tradizione, né il rispetto per essa.
Le voci degli italiani all'estero: "Un furto culturale legalizzato"
Abbiamo raccolto testimonianze da italiani emigrati in diverse capitali del mondo. Un campione rappresentativo da Londra, Berlino, Dubai, New York, Tokyo e Buenos Aires. Emerge una sensazione comune: offesa identitaria, frustrazione, sentimento di impotenza.
"Sono andato a mangiare in un ristorante che si chiamava 'Trattoria Roma'. Era gestito da cinesi. Cucina pseudo-italiana con olio di soia. La carbonara con panna. È una bestemmia."— Marco D., Berlino"A Dubai ho trovato una catena di pizzerie italiane fondata da un imprenditore locale. Solo il nome è italiano, il resto è puro marketing. I clienti pensano sia autentico, ma noi sappiamo che è una farsa."— Chiara L., Dubai
L’Italia che non protegge il suo patrimonio
Non esiste una vera legislazione internazionale vincolante che tuteli l’origine culturale della cucina. Il marchio "Made in Italy" nel food è spesso usato in modo improprio. Gli strumenti a disposizione sono:
- STG (Specialità Tradizionali Garantite), come la Pizza Napoletana STG, riconosciuta dall’UE ma non ovunque nel mondo.
- Marchi DOP, IGP, applicabili solo a singoli prodotti e non all’intera ristorazione.
- Registro dei marchi, che però protegge il nome commerciale e non l’identità culturale.
Proprio da questa lacuna nasce la necessità di proposte per una legge internazionale sul Made in Italy culturale, che vada oltre il semplice vincolo commerciale. L'obiettivo sarebbe quello di creare un sistema di riconoscimento e certificazione globale, simile a quanto già avviene per il patrimonio UNESCO, dove la cucina — intesa come patrimonio culturale immateriale — venga tutelata nei suoi aspetti più autentici e profondi. Un’etichetta culturale, non solo gastronomica.
Gli interessi economici dietro il business del falso Made in Italy
Il business è enorme. Secondo Coldiretti:
- Il falso Made in Italy alimentare nel mondo vale oltre 120 miliardi di euro l’anno.
- Le “imitazioni italiane” crescono più delle esportazioni autentiche.
- Il 90% dei ristoranti “italiani” nel mondo non ha alcun legame con l’Italia.
Il motivo? È più redditizio vendere l’italianità che produrla davvero. E mentre in Italia si combatte per un posto da pizzaiolo con certificazione AVPN, altrove si apre un franchising italiano con una licenza commerciale e un buon designer di logo.
L'alternativa: come gli italiani stanno reagendo
Esistono tentativi di resistenza. Alcuni italiani all’estero fondano realtà che puntano su autenticità e formazione:
- Accademie della cucina italiana all’estero, come quella creata da chef italiani in Canada e Australia.
- Pizzerie certificate AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) anche fuori dall’Italia.
- Collaborazioni con le ambasciate italiane per promuovere il vero Made in Italy.
Ma sono ancora gocce nel mare. Da qui nasce anche il bisogno di una spinta diplomatica e politica che porti il dibattito sulla tutela della cultura gastronomica italiana ai tavoli delle organizzazioni internazionali, come UNESCO e WTO.
Un'identità svenduta
Questa inchiesta mostra un’Italia senza difese sul fronte internazionale della sua identità gastronomica. Gli italiani all’estero si sentono usurpati, traditi da un sistema che non protegge e non valorizza. Eppure, proprio da loro — da chi vive ogni giorno questa realtà distorta — può nascere una nuova forma di difesa: quella della comunità , dell’orgoglio e della certificazione culturale.
Le proposte per una legge internazionale sul Made in Italy culturale potrebbero rappresentare una svolta: dal riconoscimento della cucina tradizionale come patrimonio culturale immateriale, a un sistema globale di accreditamento per i veri ristoranti italiani nel mondo. Un passo politico, culturale e simbolico per restituire dignità all’Italia fuori dall’Italia.
“Noi italiani nel mondo siamo gli ambasciatori dell’autenticità . Se l’Italia non ci protegge, dobbiamo farlo noi.”
— Gabriele P., New York
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