"Storie di resilienza". Dove finisce la paura: la rinascita silenziosa di Ahmed
Ahmed non ha mai dimenticato il rumore degli spari. Aveva 11 anni quando la guerra è entrata nella sua casa a Homs, in Siria. Non con un annuncio o una dichiarazione, ma con il boato sordo di una bomba che ha lasciato solo macerie e polvere dove prima c’era la cucina di sua madre. In quell’esplosione ha perso suo padre. Da quel giorno, la sua infanzia è diventata silenziosa.
Con sua madre e la sorella più piccola, Ahmed ha iniziato un viaggio durato tre anni, tra confini, campi profughi e barconi, fino ad arrivare in Italia. Aveva 14 anni quando ha messo piede per la prima volta su una banchina del porto di Reggio Calabria. Era salvo, ma non libero. Dentro di lui, la guerra continuava a fare rumore.
I primi mesi in Italia sono stati difficili. Nessuno parlava la sua lingua. Ogni sirena, ogni urlo in strada lo facevano sobbalzare. A scuola si sentiva invisibile, incapace di comunicare, pieno di rabbia e vergogna. Era un adolescente chiuso, sempre in fondo all’aula, con gli occhi bassi.
La svolta è arrivata quando una professoressa di lettere ha notato che Ahmed, pur senza dire una parola, disegnava incessantemente durante le lezioni. Con pazienza, ha iniziato a parlargli con piccoli gesti, aiutandolo a trasformare quei disegni in parole. Un giorno, Ahmed ha scritto la sua prima frase in italiano: “Io non sono solo guerra.”
Da quel momento, è cominciata la sua rinascita. Ogni parola nuova era una conquista, ogni frase un ponte tra il suo passato e il presente. Oggi Ahmed ha 20 anni. Sta studiando grafica pubblicitaria e collabora con un’associazione che aiuta i giovani migranti ad ambientarsi in Italia. Disegna storie per chi non riesce ancora a raccontarle.
"Non posso cancellare quello che ho visto," dice. "Ma ho imparato che il mio futuro non deve avere paura del mio passato."
La resilienza di Ahmed è silenziosa ma potente. È la storia di chi ha attraversato l’inferno e ha trovato, nel silenzio, il coraggio di ricominciare. Non per dimenticare, ma per trasformare la memoria in speranza.
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