"Storie di resilienza": storia di forza e rinascita nelle avversità - NOC Press

"Storie di resilienza": storia di forza e rinascita nelle avversità

 




Era una giornata di primavera, quando Silvia, una donna di 27 anni, si trovava in un angolo del suo appartamento, seduta sul divano con le mani tra i capelli e lo sguardo pieno di lacrime. Aveva appena ricevuto la notizia che sarebbe diventata madre, ma non si sentiva pronta per una scelta così grande.

In quel periodo, Silvia affrontava difficoltà professionali. L'azienda per cui lavorava era in cassa integrazione e lei non aveva la sicurezza necessaria per crescere un bambino da sola. Dopo aver ricevuto la notizia, trascorse giorni a riflettere, parlando anche con il suo compagno, ma lui, purtroppo, non era pronto a diventare padre, soprattutto considerando che aveva già un figlio da un'altra relazione. 
 
Il bambino, dopo aver saputo della gravidanza, aveva smesso di mangiare, non andava più a scuola e si era chiuso in un silenzio pesante. Silvia si sentiva in colpa e non voleva che il suo bambino soffrisse per qualcosa che non dipendeva da lui.

Si era confidata con sua sorella e con un'amica, le quali le avevano assicurato che, qualunque fosse stata la sua decisione, non l'avrebbero mai lasciata sola. Nonostante la tristezza, Silvia sapeva dentro di sé che non poteva tenere il bambino. Dopo giorni di lacrime e riflessioni, prese la decisione di abortire. Una scelta estremamente dolorosa, ma che sentiva fosse la sola possibile per la sua situazione.

Prenotò un appuntamento al consultorio, dove le fornirono tutte le informazioni necessarie e fissarono il colloquio in ospedale. Lì incontrò una psicologa che, con insistenza, cercò di farle cambiare idea, mentre un medico gentile le spiegò il procedimento dell'intervento. Uscì da quella stanza con il cuore pieno di frustrazione per le parole della psicologa, che non le offrì alcuna comprensione, mentre il medico, con la sua dolcezza, le fece capire che la sua scelta non la rendeva sbagliata.

Il giorno dell'intervento Silvia era nervosa, impaurita e ansiosa, ma la presenza di sua sorella le dava conforto. In sala operatoria riconobbe il medico che le aveva parlato durante il colloquio. La procedura fu rapida e senza dolore, ma il senso di scossa rimase in lei. Mentre si riprendeva dall'anestesia, il medico passò a salutarla, le fece una carezza sul viso e, in quel gesto, Silvia si rese conto che lui, pur essendo uomo, aveva mostrato più comprensione rispetto alla psicologa, che l'aveva fatta sentire giudicata, nonostante fosse una donna.

Dopo l'aborto, Silvia provava un dolore profondo e si sentiva vuota, sperando che il ritorno al lavoro le permettesse di non pensare troppo. Col tempo, però, iniziò a sentirsi meglio. Si venne a sapere che il figlio del suo compagno aveva ripreso a mangiare e riprendere le lezioni a scuola. Silvia, così, si sentì sollevata, anche se il senso di colpa per la sua scelta rimaneva dentro di lei, facendole ancora male.

Silvia capì che l'aborto non era una decisione facile, ma in certe circostanze era una scelta inevitabile. Con il tempo, comprese quanto fosse fondamentale per le donne avere il diritto di decidere cosa fare del proprio corpo e della propria vita, senza essere giudicate. 
 
La sua storia, purtroppo, rappresenta anche un monito per chi giudica senza conoscere le circostanze e il dolore che si cela dietro scelte così difficili. E, alla fine, capì che alcune cicatrici non guariscono mai, ma rimangono come un ricordo indelebile di quei momenti bui.


By Jupiter

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