Gaza, l'infanzia sotto assedio: voci critiche emergono anche in Israele - NOC Press

Gaza, l'infanzia sotto assedio: voci critiche emergono anche in Israele

 




Nelle ultime settimane, il conflitto in Medio Oriente ha raggiunto un nuovo picco di tensione, con un bilancio sempre più drammatico per la popolazione civile di Gaza. Tra le vittime, secondo quanto riportato dalla NPR il 15 maggio, figurano numerosi bambini. Il dato, pur drammatico, non sembra aver trovato particolare attenzione nelle recenti discussioni parlamentari israeliane.

Durante un incontro del sottocomitato per gli affari esteri e la difesa della Knesset, la discussione si è concentrata principalmente sulle ripercussioni mediatiche del conflitto e non sulle condizioni umanitarie nella Striscia. La dottoressa Sharon Shaul, intervenuta in qualità di rappresentante di un'organizzazione umanitaria, ha sottolineato la necessità di garantire cure mediche e antidolorifici anche nei contesti più estremi. Le sue parole, però, sono state accolte con freddezza e, in alcuni casi, con toni duri da parte di alcuni membri del Parlamento.

Il dibattito interno alla società israeliana resta acceso. Alcune dichiarazioni pubblicate sui social da figure mediatiche, come un noto produttore televisivo, hanno suscitato forti polemiche per l’uso di linguaggi estremi e inappropriati. Tali esternazioni, pur condannate da più parti, contribuiscono a infiammare un clima già fortemente polarizzato.

A livello internazionale, cominciano a emergere segnali di disallineamento. Thomas Friedman, storico editorialista del New York Times e per lungo tempo sostenitore della politica israeliana, ha espresso forti riserve nei confronti dell’attuale governo. In un recente articolo, ha criticato duramente la gestione del conflitto e ha messo in discussione il ruolo di Israele come partner strategico degli Stati Uniti.

Anche sul fronte americano, alcune recenti mosse diplomatiche sembrano indicare un approccio più cauto. Fonti come Axios e CNN riferiscono che l’ex presidente Trump, in occasione del rilascio di un ostaggio americano, avrebbe preso iniziative autonome, senza coinvolgere direttamente Israele. Un dettaglio che, se confermato, suggerisce una crescente volontà di ridefinire le relazioni nel quadrante mediorientale.

In Gran Bretagna, intanto, un gruppo di esponenti della comunità ebraica ha firmato una lettera in cui esprime preoccupazione per l’attuale indirizzo politico israeliano, definito come il più radicale degli ultimi decenni.

L’emergere di queste voci critiche, anche tra storici alleati e osservatori tradizionalmente vicini a Tel Aviv, potrebbe rappresentare l’inizio di una riflessione più ampia sulla gestione del conflitto e sulla necessità di tutelare i diritti fondamentali anche nei contesti più complessi.

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