Leone XIV inizia il pontificato: tra simboli millenari e il peso di una nuova eredità
In un’alba carica di attesa e storia, la Chiesa cattolica ha accolto ufficialmente Leone XIV come nuovo Papa. Domenica 18 maggio, in una Piazza San Pietro gremita e attraversata da un silenzio rispettoso, è cominciato il ministero del successore di Pietro, segnato da gesti solenni e simboli antichi che parlano al cuore più della retorica.
Non è solo una cerimonia. È l’inizio di un percorso in cui tradizione e spiritualità si intrecciano, sotto lo sguardo del mondo.
Il cuore del rito: tra storia e fede
La celebrazione ha preso il via all’interno della Basilica Vaticana, con un momento di raccoglimento al sepolcro dell’Apostolo Pietro. Il nuovo Pontefice si è fermato in preghiera, circondato dai Patriarchi delle Chiese Orientali: un’immagine forte, che ricorda da dove nasce il cammino della Chiesa di Roma — da un martirio, da un testimone che ha amato fino al sangue.
Da lì, si è aperto il corteo verso l’Altare esterno, mentre il cielo romano sembrava farsi eco del canto antico delle Laudes Regiæ, in cui si invoca la protezione dei santi e dei martiri, come si fa con i figli quando devono affrontare qualcosa di grande.
Il linguaggio dei segni: Pallio e Anello del Pescatore
Non servono molte parole quando parlano i simboli. Il Pallio, posato sulle spalle del Papa, è un segno di cura e responsabilità: è lana d’agnello, ma pesa come il mandato ricevuto — guidare, accogliere, sostenere. È l’immagine del pastore che si carica la pecora smarrita sulle spalle, un gesto semplice e radicale.
Poi, c’è l’Anello del Pescatore, legato alla figura di Pietro, che gettò le reti fidandosi della parola di Gesù. Un anello che non brilla come un gioiello, ma sigilla una vocazione: confermare nella fede, ogni giorno.
Una Chiesa dalle tante lingue
Il Vangelo, proclamato in latino e greco, e le letture in spagnolo, inglese, e altre lingue, hanno dato voce a una Chiesa che parla il linguaggio del mondo. Si è letta la pagina in cui Gesù, dopo la resurrezione, chiede a Pietro per tre volte: "Mi ami?". È il Vangelo che più di ogni altro spiega perché il Papa è chiamato a pascere, non a dominare.
Tre cardinali — di continenti diversi — hanno accompagnato l’imposizione delle insegne episcopali. Gesti sobri, ma intensi: una preghiera, una benedizione, e l’augurio di "Ad multos annos", perché la fede ha sempre bisogno di tempo e pazienza.
Obbedienza e responsabilità: la Chiesa si presenta al suo Pastore
Dodici persone, simbolo delle tante anime del popolo di Dio, si sono avvicinate per il rito dell’obbedienza. Uomini e donne, religiosi e laici, rappresentanti di una Chiesa globale che si affida al nuovo Pontefice, non per sottomissione ma per riconoscimento.
Poi, l’omelia di Leone XIV — semplice, diretta, come a voler cominciare da un tono sobrio — seguita dal "Credo" e da una preghiera universale, recitata in più lingue, per testimoniare la sofferenza, le speranze e le sfide dell’umanità intera.
L’offerta del mondo sull’altare
Nel cuore della liturgia, l’offertorio con il canto “Tu es pastor ovium” ha introdotto l’Eucaristia. Pane e vino che rappresentano la storia dell’uomo, il lavoro, il sacrificio. Leone XIV ha scelto la Preghiera Eucaristica I, la più antica, un gesto che richiama le radici nei momenti decisivi.
Al termine della comunione, una preghiera ha chiesto a Dio di sostenere il nuovo Papa nella custodia del suo gregge, in unità e carità. Parole che, in tempi di divisioni globali e ferite ecclesiali, suonano come impegno e auspicio.
Benedizione finale: la vite e il ceppo
La celebrazione si è conclusa con la benedizione solenne e il canto del “Regina Caeli”. Leone XIV ha invocato la protezione divina su “la vite e il ceppo” — un’immagine agricola, biblica, ma potentemente umana. Una Chiesa che vuole rimanere salda, ma capace di germogliare.
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