Si litiga sui fondi per la viabilità in Capitanata mentre le aree si spopolano
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(Monti Dauni) |
Sulla questione della viabilità in Capitanata, sullo stato “comatoso”, pericoloso, disastrato delle strade, con particolare attenzione per quelle sui Monti Dauni, cui con una nota stampa è intervenuto il consigliere regionale, vice commissario regionale e commissario provinciale della Lega in provincia di Foggia, Joseph Splendido, c’è la replica del prof. Michele Eugenio Di Carlo, Promotore Rete culturale Carta di Venosa – Associazione 34 Testa a Sud, che fa una dettagliata analisi sullo spopolamento dell’area interessata, con dati alla mano estesa a tutto il Mezzogiorno d’Italia.
Polemiche sui fondi delle strade provinciali, mentre le aree interne del Mezzogiorno si spopolano
«Non disponendo di dati statistici, non entro nel merito della polemica tra il Presidente della Provincia Giuseppe Nobiletti, che ha dichiarato di voler consegnare la fascia al ministro dei Trasporti Salvini, e l’esponente regionale del partito della Lega, che ha assicurato che nessun fondo destinato alla manutenzione delle strade provinciali è stato dirottato verso il ponte dello Stretto, scaricando le responsabilità sull’incapacità di Province e comuni del Sud di spendere i fondi disponibili. Un’accusa tipica di esponenti politici del Nord, non sempre confortata dai dati, e a cui l’associazione dei Sindaci del Sud ha spesso replicato chiedendo ai governi di fornire i comuni, in particolare delle aree interne meridionali, di personale qualificato per poter sbrigare le complesse procedure di accesso ai fondi.
Tuttavia, mi pare innegabile che ci sia da decenni un travaso continuo di fondi dal Sud al Nord, come attestano da decenni istituti quali l’Istat, la Svimez, l’Eurispes. Come sembra del tutto evidente che il partito della Lega non sia stato affatto indifferente nei processi di mancata coesione territoriale.
Solo ad esempio, nel Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes[1], l’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali degli italiani, il presidente Gian Maria Fara, partendo nella sua analisi proprio dal processo unitario italiano, scriveva: «Sulla questione meridionale, dall’Unità d’Italia ad oggi, si sono consumate le più spudorate menzogne. Il Sud, di volta in volta descritto come la sanguisuga del resto d’Italia, come luogo di concentrazione del malaffare, come ricovero di nullafacenti, come gancio che frena la crescita economica e civile del Paese, come elemento di dissipazione della ricchezza nazionale, attende ancora giustizia e una autocritica collettiva da parte di chi – pezzi interi di classe dirigente anche meridionale e sistema dell’informazione – ha alimentato questa deriva».
L’accusa alla classe dirigente italiana e al sistema d’informazione era precisa, puntuale e non certamente campata in aria. Riguardo all’informazione, le conclusioni avanzate nel testo “La parte cattiva dell’Italia. Sud, media e immaginario collettivo” da Stefano Cristante e Valeria Cremonesini, docenti di sociologia dei processi comunicativi e culturali, lasciano sconcertati: negli ultimi 40 anni i media nazionali hanno messo in rilievo quasi solo i mali del Mezzogiorno creando negli stessi meridionali un immaginario percepito falsato.
Raccapricciante la constatazione, aggiunta da Fara, che le più autorevoli agenzie nazionali ed internazionali abbiano certificato che riguardo al Mezzogiorno «siamo di fronte ad una situazione letteralmente capovolta rispetto a quanto creduto».
I dati nero su bianco del Rapporto Italia 2020, hanno messo in evidenza quanto segue:
1 – Lo stato italiano nel 2016 ha speso per ogni cittadino del Centro-Nord 15.062 euro, mentre per ogni cittadino del Sud la spesa è stata di 12.040 euro, una differenza di ben 3022 euro pro-capite;
2 – Nel 2017 l’Eurispes rilevava per il Centro-Nord una spesa pro-capite aumentata a 15.297 euro, per il Sud una spesa pro-capite diminuita a 11.939 euro per una differenza che aumenta a 3358 euro, che moltiplicata per il numero di abitanti del Mezzogiorno ammontava a oltre 60 miliardi annui.
Dov’è quel Sud dalle mille risorse finanziarie sprecate raccontato nei salotti televisivi di quei talk show nazionali dove giacciono onnipresenti i soliti conduttori e opinionisti?
E dov’è quel Sud a cui verrebbe distribuita gran parte della spesa pubblica, se al contrario i dati confermano che sono le regioni del Nord ad essere beneficiate da una spesa annua nettamente superiore?
Il Rapporto Italia 2020 attestava incontrovertibilmente che, in relazione alla percentuale di popolazione residente, al Sud dal 2000 al 2017 era stata sottratta una somma pari a 840 miliardi. Un dato impressionante che politica e media hanno ignorato, indifferenti alla mancata crescita economica, sociale e culturale del Sud.
Eppure il PIL (prodotto interno lordo) del Nord si basa essenzialmente sulla vendita di beni e servizi al Sud, mentre lo scambio import-export tra le due aree del paese è interamente a vantaggio del Nord, tanto che riesce difficile comprendere come un’intera classe politica, sostenuta dai media, abbia potuto nell’ultimo trentennio pensare che lasciare il Sud senza infrastrutture e servizi potesse avvicinare il Nord all’area ricca dell’Europa. E’ del tutto evidente che abbassare il tenore di vita dei meridionali ne ha limitato il potere d’acquisto e di conseguenza il PIL delle regioni più avanzate economicamente d’Italia.
Infatti, sempre dal Rapporto Italia 2020, veniva accertato che per 45 miliardi annui di trasferimenti da Nord a Sud ben 70,5 miliardi si trasferivano in direzione contraria.
Chiaro il monito del Presidente dell’Eurispes: «… ogni ulteriore impoverimento del Sud si ripercuote sull’economia del Nord, il quale vendendo di meno al Sud, guadagna di meno, fa arretrare la propria produzione, danneggiando e mandando in crisi così la sua stessa economia», al di là del teatrino pietoso messo in scena da alcuni esponenti politici, in particolare della Lega.
Appare inoltre del tutto inverosimile che anche in questi giorni, esponenti di primo piano della Lega continuino a parlare di Regionalismo differenziato e di ripartenza obbligata dalla solita locomotiva italiana del Nord, nonostante che chiare e circostanziate analisi socio-economiche di istituti economici di altissimo profilo e livello smentiscano categoricamente che il problema delle “Due Italie” risieda esclusivamente negli sprechi e nella cattiva amministrazione del Sud.
In realtà, la spinta politica territoriale sulla “questione settentrionale” per responsabilità della Lega e chiare complicità di altri partiti, preoccupati di non perdere voti al Nord, ha prodotto nel corso degli ultimi trentacinque anni ulteriori disuguaglianze sociali ed economiche tra Nord e Sud del Paese, che i vari governi hanno aggravato sostenendo una ripartizione territoriale per i servizi pubblici in base al principio iniquo della “spesa storica”.
Il prezzo lo ha pagato il Mezzogiorno, in particolare la Capitanata, osservando amaramente i propri figli migrare per lavoro, studi e sanità, mentre lo spopolamento finale, ossia l’inverno demografico, si avvicina a grandi passi.
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