Caldo estremo, ghiacciai in sofferenza e rischio siccità: l’allarme del climatologo Fazzini
Temperature fino a 39°C tra Capitanata e Sardegna, zero termico in rialzo fino a 5100 metri: «Estate ad alto rischio per risorse idriche e salute pubblica»
L’Italia è alle prese con un’ondata di calore anomala per fine giugno. Le temperature massime registrate nelle ultime 48 ore hanno toccato i 39°C nella Capitanata pugliese e nella Sardegna sud-orientale, provocando già criticità ambientali e bioclimatiche evidenti. A lanciare l’allarme è Massimiliano Fazzini, climatologo, geologo e Coordinatore del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA).
Secondo Fazzini, la persistenza dell’anticiclone subtropicale di matrice continentale africana potrebbe durare ancora per giorni, con un lieve cedimento solo tra venerdì e sabato nelle regioni settentrionali e orientali. Un’anomalia che si manifesta anche nell’innalzamento dello zero termico – la quota in atmosfera dove la temperatura raggiunge gli 0°C – previsto intorno ai 5100 metri tra sabato e domenica, un valore eccezionalmente elevato per il periodo.
Questo innalzamento sta già provocando la fusione rapida del manto nevoso stagionale ancora presente sulle Alpi, con conseguenze dirette sulla disponibilità idrica. «La neve stoccata – spiega Fazzini – non sarà disponibile nel bimestre luglio-agosto, generalmente il più caldo dell’anno, proprio quando la richiesta d’acqua è maggiore. A seguire, anche i ghiacciai inizieranno a soffrire, portando alla fusione del ghiaccio fossile».
Non è solo la quantità della neve a preoccupare, ma anche la sua qualità: quella accumulata in primavera, secondo numerosi studi, è poco trasformata e quindi incapace di resistere alle alte temperature. Questo significa che non contribuisce in modo efficace alla sopravvivenza dei ghiacciai.
Anche il permafrost – il terreno perennemente ghiacciato che tiene insieme le rocce in alta montagna – sta diminuendo, con frane complesse e crolli rocciosi già osservati da settimane. Se il caldo e la siccità dovessero prolungarsi oltre la prossima settimana, avverte Fazzini, potrebbero verificarsi problemi gravi di disponibilità e qualità dell’acqua: «Quando i periodi siccitosi si protraggono, la quantità d’acqua si riduce e la qualità peggiora, con rischi sanitari per persone e animali».
Ma si può già parlare ufficialmente di ondata di calore? Dipende dalla definizione.
Fazzini chiarisce che esistono due approcci principali:
- epidemiologico, basato sugli effetti sulla salute pubblica e su soglie di temperatura percepita (che tengono conto anche di umidità e vento);
- climatologico, adottato anche dalla WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale), che in Italia definisce un’ondata di calore come un periodo di almeno 3-6 giorni con temperatura media superiore a una deviazione standard rispetto alla norma (1991-2020). In pianura, ciò equivale a una media di circa 32,5°C. Pertanto, si potrà parlare con certezza di ondata di calore solo a posteriori, analizzando i dati di tutto il periodo.
Nel frattempo, gli effetti sulle persone – soprattutto le più fragili – sono già tangibili: «Con l’aumento dell’età media della popolazione, i problemi di morbilità crescono in maniera esponenziale. I pronto soccorso sono messi in difficoltà anche dalla presenza di notti tropicali, quando la temperatura notturna non scende sotto i 20°C».
«Il discorso climatologico applicativo – conclude Fazzini – è molto più complesso di quanto appaia nelle notizie frammentate disponibili online. Solo un approccio scientifico, oggettivo e slegato dalle ideologie può portare a una corretta informazione della popolazione e alla pianificazione di strategie di adattamento efficaci. Serve un’unica priorità condivisa: mitigare il rischio climatico, qualunque sia la natura dell’evento estremo».
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