Referendum su lavoro e cittadinanza: affluenza definitiva al 30% e riflessioni sul quorum
Chiuse le urne con un'affluenza di poco superiore al 30%, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno attraverso la piattaforma ufficiale Eligendo.
I referendum di domenica e lunedì 9 giugno 2025 si sono chiusi con un dato inequivocabile: la partecipazione intorno al 30% determina un risultato che sancisce il fallimento di tutti i quesiti, visto che nessuno ha raggiunto il quorum del 50% + 1 richiesto dalla Costituzione per la validità .
La distribuzione dell’affluenza mostra forti differenze territoriali. In Basilicata, la città di Matera ha superato il 50% con un sorprendente 53,3%, ma altrove la partecipazione si è fermata molto sotto la soglia.
I dati regionali evidenziano una partecipazione più consistente in Toscana (39,10%) e Emilia Romagna (38,09%), mentre le regioni con la minore affluenza sono Trentino-Alto Adige (22,70%) e Sicilia (23,10%).
Il flop dell’affluenza ha riacceso la discussione sul quorum. Introdotto per garantire la legittimità popolare, oggi sembra diventare un ostacolo, specialmente in un’epoca in cui l’astensionismo è strutturale e consolidato. Alcuni giuristi e analisti sostengono che il quorum dovrebbe essere rivisto o abolito, per evitare che una minoranza di non votanti blocchi la possibilità di cambiamento su temi importanti.
Secondo alcune analisi, questi referendum sono diventati un terreno di scontro più ideologico che tecnico, incentivando la polarizzazione.
Con un’affluenza definitiva al 30%, i referendum vengono dichiarati nulli. Restano validi solo come segnale politico, ma non avranno effetti pratici sulle leggi in vigore.
Il governo prosegue la sua linea, leggendo l’astensionismo come una conferma della sua posizione.
Per l’opposizione e la società civile, invece, la sfida è ripartire da qui: capire come riaccendere la partecipazione e come rendere davvero efficace uno strumento di consultazione che, oggi, sembra destinato a restare ai margini.
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