Aree Interne: futuro da rilanciare o abbandono programmato? Il dibattito politico si infiamma
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(Foto d'archivio) |
Il destino delle Aree Interne italiane torna al centro del confronto politico, tra accuse di abbandono e difese delle scelte di programmazione nazionale.
Al centro della discussione, il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSN) 2021–2027, documento di indirizzo sulle politiche per i piccoli Comuni italiani, spesso segnati da spopolamento, isolamento e declino economico.
La denuncia: “Non possiamo diventare ospizi circondati da cimiteri”
A lanciare un duro attacco è Paolo Campo, presidente del gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale della Puglia. Secondo Campo, il Governo avrebbe di fatto certificato l’inesorabile declino di centinaia di Comuni, abbandonando al proprio destino territori fragili e marginali.
“I piccoli Comuni dell’Italia profonda non possono e non devono diventare ospizi destinati alla fatiscenza, circondati da cimiteri incolti. Il Piano Strategico delle Aree Interne sancisce la fine di ogni ambizione di riscatto per 13 milioni di cittadini”, afferma Campo.
Secondo il consigliere, il Governo avrebbe rinunciato a investimenti strategici per contrastare l’inverno demografico, l’impoverimento economico e il dissesto idrogeologico, preferendo “una resa silenziosa e calcolata”.
La replica: “Nessun abbandono, i fondi ci sono e vanno spesi bene”
A smentire questa visione interviene Giandonato La Salandra, deputato di Fratelli d’Italia, da tempo attivo sul tema delle Aree Interne. La Salandra definisce le accuse strumentali e fuorvianti, ricordando che il Governo sta lavorando per superare i limiti delle programmazioni precedenti.
“È vergognoso tacciare il Governo Meloni di aver abbandonato le Aree Interne. I fondi ci sono, sia quelli residui del ciclo 2014–2020 che quelli della nuova programmazione 2021–2027. Ora le Regioni e gli enti locali devono attivarsi con responsabilità ”, ribatte il parlamentare.
La Salandra sottolinea inoltre che il Governo ha previsto una nuova governance, con enti capofila responsabili di ciascun progetto d’area, e invita a superare la logica del lamento per concentrarsi su azioni concrete.
Due visioni, un destino incerto
Il confronto tra le due posizioni mette in luce una questione centrale per l’Italia contemporanea: quale ruolo assegnare ai territori periferici e come invertire la rotta dello spopolamento. Da un lato, c’è chi teme l’abbandono istituzionale e chiede un rilancio deciso; dall’altro, chi vede nella nuova impostazione un’opportunità concreta, a patto che venga colta e attuata bene a livello locale.
Nel frattempo, migliaia di Comuni sotto i 5.000 abitanti attendono risposte chiare, risorse spendibili e, soprattutto, una visione condivisa di futuro.
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