Comuni sciolti per mafia: Musumeci scrive a Salvini, “norme da cambiare” - NOC Press

Comuni sciolti per mafia: Musumeci scrive a Salvini, “norme da cambiare”


Proponiamo un articolo pubblicato su sicilia.admaioramedia.it che parla di un tema a noi caro, lo stesso che ha attanagliato molti comuni italiani e in particolare quelli garganici, poiché alcuni dei loro scioglimenti son stati effettuati sulla presunzione dei fatti e non sulle certezze delle prove, dove gli amministratori sciolti non hanno neanche ricevuto un avviso di garanzia (...cosa strana se davvero fossero stati complici...), dove la tecnostruttura è rimasta al proprio posto, dove una certa politica, per poi riproporsi,  ha “condannato” arbitrariamente chi amministrava senza tener conto che nel Consiglio comunale sciolto erano parte integrante seppur di minoranza, dove le "cuginanze", tra l'altro inesistenti, son state fatte passare per prove., dove chi ha subito l'onta senza aver fatto nulla non ha ricevuto le dovute scuse. E il tutto senza sapere ad oggi chi pagherà per il male fatto al territorio e alle persone, che stanno pagando "dazi" per mistificate colpe cagionate per meri fini politici. È il caso di Monte Sant’Angelo, per esempio. Assurdo! Un tema molto caro anche al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito che da mesi ha promosso iniziative con incontri, dibattiti, e soprattutto una racccolta firme per far cambiare l’attuale legge, proposte finanche su Radio Radicale nella rubrica “Quota 3001”.  Redazione ©NOCPress all rights reserved


Il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha scritto al ministro dell’Interno Matteo Salvini sull’opportunità di modificare le norme che disciplinano lo scioglimento delle amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose. Lo ha annunciato lo stesso governatore in un fondo a sua firma, pubblicato oggi in prima pagina sul quotidiano “La Sicilia”.

Musumeci, prendendo spunto dalla notizia degli ultimi due comuni siciliani, Mistretta e San Cataldo, che portano ormai a dieci i Comuni sciolti per mafia in Sicilia, fa alcune riflessioni su questo crescente fenomeno.

“ In questo momento 167 mila siciliani – -scrive il presidente – non sono amministrati da organi elettivi: in dieci Comuni dell’Isola la democrazia, in un certo senso, rimane sospesa per almeno diciotto mesi, ma anche fino a due anni. Il decreto di scioglimento, inutile dirlo, si rivela fortemente invasivo nella vita civile di una comunità, ma siamo di fronte ad una misura dello Stato straordinaria, di natura preventiva e perciò caratterizzata da una certa discrezionalità dell’autorità proponente (la Prefettura). Per sciogliere un Comune, infatti, non è necessario l’accertamento di reati penali, ma è sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata, anche a prescindere dal fatto che i politici abbiano voluto assecondare le richieste mafiose. Ma se l’applicazione di una norma non sempre porta ai risultati sperati, lo Stato rischia di non essere più in sintonia col comune sentire dei cittadini. Un esempio: decine di Comuni, dopo essere stati sciolti per mafia una prima volta, tornano ad esserlo per la seconda e, in alcuni casi, anche per la terza volta. È capitato anche in Sicilia. Cosa significa? Che la normativa sullo scioglimento dei Comuni, ormai dopo quasi trent’anni, va rivista, anche per alcune incongruenze che rendono il provvedimento spesso inutile se non dannoso. Ne cito due. Prima incongruenza: perché in un Comune sciolto per mafia, lo Stato allontana solo il ceto politico e lascia al proprio posto i dirigenti della burocrazia comunale? Eppure è risaputo che in uffici a “rischio”il dirigente – volente o nolente – si trova spesso a fungere da “cerniera” tra il consenso del politico e la pressione del mafioso. Cosa fare, dunque? Estendere gli effetti del provvedimento di scioglimento anche ai vertici burocratici. Il segretario comunale, i dirigenti alla guida di uffici strategici e con un’ampia sfera di autonomia decisionale non dovrebbero rimanere al loro posto. Anche in assenza di indizi, andrebbero destinati ad altro ente (senza dover subire alcun danno economico) per tutta la durata del commissariamento ed essere sostituiti da dirigenti esterni assolutamente estranei all’ambiente sociale e professionale del Comune sciolto. Seconda incongruenza: perché in un Comune sciolto per mafia, lo Stato manda commissari straordinari già oberati da altri gravosi impegni d’ufficio e senza neppure verificarne la idoneità e l’attitudi ne al governo di un Ente? Ho conosciuto in questi anni commissari assai competenti ma presenti al Comune solo per uno-due giorni la settimana, perché già assorbiti da altro incarico. Un Comune commissariato non è un ‘dopolavoro’ da frequentare nel tempo libero: bisogna starci sette giorni su sette. E servono commissari che abbiano propensione al dialogo e al confronto con i cittadini. Sarebbe perciò necessario istituire presso il ministero dell’Interno un apposito Albo di dirigenti pubblici che abbiano tutti i requisiti per essere destinati ad amministrare Comuni sciolti. Rimane il tema dei ‘poteri’ in deroga – prosegue il governatore – da affidare alla gestione commissariale: in condizioni straordinarie servono misure straordinarie, azioni propulsive e di crescita, se si vuole restituire alla comunità un Ente libero da ogni opacità e non più vulnerabile”.

Al Ministro dell’Interno, Musumeci ha poi proposto “in sede di riforma anche la previsione di una sorta di ‘diffida’ ai Comuni appena afflitti da patologie legate a possibili condizionamenti o infiltrazioni. Una forma, cioè, di tutoraggio dello Stato, affidato alla Prefettura, prima di arrivare alla ineluttabilità dello scioglimento. Che è e resta un evento traumatico ma necessario, quando non è usato come strumento di lotta politica tra opposti schieramenti. Tutto il resto rimane affidato all’etica della responsabilità della politica, dei partiti, dei movimenti locali, delle associazioni civiche. Nulla può prescindere dalla rigorosa selezione del personale militante, dei candidati alle elezioni, delle loro scomode parentele e frequentazioni, della insidiosa e sempre più diffusa ‘zona grigia’. Una politica che sappia fare scelte coraggiose ed anche impopolari, che non deleghi sbrigativamente la magistratura ma sappia fare pulizia al proprio interno, prima che arrivi la Procura”. (red)

fonte: sicilia.admaioramedia.it

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