Il Sud continua ad arricchire il Nord - NOC Press

Il Sud continua ad arricchire il Nord

a cura di Donata dei Nobili

Il Movimento 24 agosto Equità e Territorio del Gargano, il 13 dicembre, alle ore 17.30, nei suggestivi locali della biblioteca di Monte Sant'Angelo, terrà un incontro di amici meridionalisti per discorrere delle condizioni esistenziali della gente del Sud e conoscere le ragioni storiche della diaspora di tanti giovani meridionali, che continuano a lasciare la propria terra. All’incontro parteciperà Carlo Capezzuto, curatore di un ambizioso progetto editoriale, “importante quanto necessario”: La grande enciclopedia del Sud della penisola italica, edizione Magenes.
“La questione meridionale – scrive Carlo - è il primo degli otto volumi “dedicati, ciascuno a un tema diverso, per raccontare con la voce di grandi studiosi non solo la vera storia del Sud ma farlo attraverso i passaggi storici, le ragioni, i protagonisti palesi e occulti, i mezzi e gli strumenti che hanno portato la nostra terra dal grande splendore del passato alle difficoltà cui oggi deve far fronte, e vuole essere un ponte verso il futuro che questa ricca terra merita.”
La riunione, coordinata dallo studente universitario Pietro Ferrantino, ha anche un fine divulgativo: raccontare fatti e misfatti della storia del Mezzogiorno, di una terra "dove - come affermava il milanese Giuseppe Ferrari - si viaggiava sulle montagne coll'oro in mano". Per loro, è importante approfondire i motivi dell'aggressione e annessione del Sud, la spoliazione delle sue ricchezze e delle sue industrie, la distruzione di uno Stato sovrano, pacifico, laborioso e tant'altro. Con questa iniziativa, Il Movimento di Pino Aprile  vuole riannodare il filo della storia del Mezzogiorno, tagliato nel 1860, rievocando il pensiero dell'avellinese Guido Dorso, consapevole che le ragioni del mancato sviluppo del Sud sono, prima di tutto,  l'ignoranza delle profonde ragioni storiche e politiche, accettate e propagandate dalle classi politiche dirigenti e da una scuola  ideologica e negazionista. Guido Dorso lo ha detto e scritto in modo chiaro: “Solo quando questa ignoranza sarà scomparsa così nei politici meridionali, decisi a rivendicare, nei confronti di altre regioni italiane, le profonde ragioni di giustizia che costituiscono il complesso della questione meridionale, come nei politici settentrionali, finalmente convinti di distruggere  i privilegi di alcuni ceti delle loro regioni, sarà creato il clima politico adatto per la distruzione dell'Italia storica, e per la creazione  ideale sognata  negli albori del Risorgimento”.  Ragioni storiche per lunghi anni taciute che fanno del Mezzogiorno un problema aperto. Ancora oggi, i vissuti politici, economici e demografici del Sud vengono narrati alle nuove generazioni come un fantastico racconto epico, che sfociò nel mito dell'Unità d'Italia e dei suoi governi liberali, fascisti e repubblicani. Quell'invasione, invece, la monarchia sabauda la volle non per gli ideali dei patrioti risorgimentali, ma per appropriarsi delle ricchezze del Sud e pagare i grandi debiti, di oltre 910 milioni, del Regno di Sardegna, contratti con l'Inghilterra. Per tale ragione, la "Spedizione dei Mille"  venne agognata e pianificata, usando e contraddicendo gli ideali liberali dell'Ottocento, dalle Cancellerie inglese e piemontese con lo scopo di conquistare il Sud: lo fecero appropriandosi delle ricchezze del Regno delle Due Sicilie, corrompendo  gli alti gradi militari, patteggiando con mafiosi, camorristi e chiudendo le  settemila scuole per sette anni.
E' risaputo, l'unificazione dell'Italia è stata una guerra di conquista, condotta dal Piemonte contro i popoli  degli stati sovrani del Centro–Sud. “Fu genocidio: centinaia di migliaia di italiani del Sud uccisi, incarcerati, deportati, torturati, derubati.” Sono queste le parole di Pino Aprile, che diventano pietre per le donne e gli uomini del Mezzogiorno. Vocaboli che i governi di oggi trasformano in proiettili e violenza con la loro lucida e documentata iniquità fiscale a danno della gente del meridione. Marco Esposito, dopo aver seguito le attività parlamentari e analizzato gli atti legislativi di quest'ultimo periodo, scrive: “Nel Mezzogiorno prima sono sparite le banche, poi le grandi aziende, quindi si è tagliato su strutture sanitarie, autobus, treni e sono diventate a rischio scuole e università. Si è arrivati a raccogliere tasse al Sud per investirle nel Nord. In compenso abbiamo i veleni degli scarichi industriale. Per quanto tempo saremo disposti a sopportare?”. Domanda inquietante, quella del giornalista Esposito. Dopo la conquista del Sud, Giustino Fortunato diceva: “L'unità d'Italia è stata  la nostra rovina economica”. Questa idea riecheggia nel tempo e venne articolata e  ampliata da Antonio Gramsci in un suo articolo pubblicato sul giornale Ordine nuovo. “Lo Stato è stata una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare chiamandoli briganti”, scriveva il politico Gramsci.
In questo tempo storico, dare per vero il retaggio dei miti risorgimentali è la condizione determinante per il controllo politico, sociale, culturale ed elettorale della gente del meridione. Tenere all'oscuro le popolazioni di ieri e di oggi della violenza subita e della scelta di minorità economica è stato ed è il cardine del sistema dei governi italiani degli ultimi 158 anni.  Nel 1912, il Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia, Giovanni Giolitti, raccomandava “molta prudenza nell'aprire gli archivi del Risorgimento, perché non è bene sfatare leggende che sono belle”.  Quella falsa e bella leggenda, purtroppo, è viva nelle scuole e nelle università e nutre, tutt'oggi, la cultura politica e la pratica di governo con scelte antimeridionali, quale il federalismo fiscale, fine supremo dell'autonomia differenziata, chiesto dal Veneto, dalla Lombardia e dall'Emilia-Romagna. Allontaniamo ogni dubbio: la questione meridionale nacque con il saccheggio del Sud e le sue popolazioni non erano “povere, arretrate e oppresse e molto indietro a quelle del Nord”.  L'annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte fu invasione, “conquista regia”, “riduzione a colonia interna. Carlo Brombini, amico di Cavour, disse: “I Meridionali non dovranno più essere in grado di intraprendere”. Quest'uomo era proprietario dell'Ansaldo (Piemonte) e fece in modo che le concorrenti Pietrasa (Calabria),  con oltre 1000 addetti prima dell'Unificazione, e  Mongiana (Calabria) con 950 addetti, fallissero. Con la “conquista regia” l'apparato industriale del Regno delle Due Sicilie fu smantellato. Gennaro De Crescenzo, fondatore del movimento neoborbonico, scrive, Dai primati alle questioni Meridionali, è “chiaro che oltre 5000 fabbriche preunitarie  meridionali deperirono rapidamente sotto i colpi prima di un liberismo sfrenato e poi di un successivo e immediato protezionismo sabaudo.” Questo giudizio di De Crescenzo non è privo di fonti storiche. La stessa  visione storica e economica è stata esplicitata da Benedetto Croce, che scrisse:  “Il Regno di Napoli non si dissolveva per un moto interno, ma veniva abbattuto da un urto esterno”. 
"Dopo 158 anni, poco è cambiato. Il partito unico del Nord continua ad agevolare il trasferimento delle ricchezze dal Sud al Nord." È questa l'idea dominante nel Movimento 24 agosto di Monte Sant'Angelo. I Terroni di Pino Aprile parlano di politica, di investimenti strutturali che invece di favorire le aree in difficoltà, vengono erogati a favore del Nord. Il loro ideale è costruire una nuova coscienza, una nuova identità. Pensano a una macro regione, qualora le narrazioni del paese unito dovessero continuare a essere causa di sottosviluppo e pregiudizi. Cercano e trovano nella storia politica europea tante culture e esperienze indipendentiste, ricordano  i Catalani, gli Scozzesi, i Baschi, i Corsi, ma anche i Sorbi e i Bretoni. Lo dicono in modo chiaro: adesso inizia la fase politica. E ricordano che l'atto più violento dei piemontesi e dei suoi governi è stato togliere il nome alla propria terra per privare un popolo della sua identità. Una delle loro tante iniziative politiche calendarizzate è far conoscere alle generazioni prossime che il nome Sud, Meridione, Mezzogiorno sono "subordinazione simbolica dovuta a una sottomissione". "Il nome della nostra terra - riferiscono - è Sicilia, da cui Due Sicilie a indicare i regni (di qua e di là del Farò) in cui fu diviso l'antico stato dal 1303 al 1815". Nelle Due Sicilie si muove un pezzo di popolo, forse per riannodare il filo della storia spezzato con una guerra non dichiarata contro il Sud.

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