Elezioni Usa: come funziona il sistema elettorale americano - NOC Press

Elezioni Usa: come funziona il sistema elettorale americano

Foto: Welfare network

 



Martedì 5 novembre 2024 negli Stati Uniti si vota per eleggere il nuovo presidente e rinnovare parte del congresso. L’ex presidente repubblicano Donald Trump e la candidata democratica Kamala Harris si contenderanno il ruolo di 47º presidente, prendendo il posto di Joe Biden.

Le elezioni si tengono ogni quattro anni, il martedì dopo il primo lunedì di novembre. In realtà, tantissimi cittadini hanno già espresso la loro preferenza attraverso le procedure per il voto anticipato

Ad avere diritto di voto sono tutti i cittadini statunitensi che abbiano compiuto 18 anni. Il presidente degli Stati Uniti eletto a novembre comincerà ufficialmente il suo mandato il 20 gennaio 2025.

Gli Stati Uniti hanno un sistema a elezione semidiretta: il presidente è scelto dai cittadini, passando però per i cosiddetti grandi elettori, che sono 538 in totale e formano il collegio elettorale.

Vince chi ottiene almeno 270 voti dei grandi elettori, la metà più uno del collegio elettorale (il cui numero è pari al numero dei rappresentanti al congresso: 435 deputati, cento senatori e tre rappresentanti per il District of Columbia, dove si trova la capitale Washington). 

Se nessun candidato raggiunge quella soglia, spetta alla camera eleggere il presidente mentre il senato sceglie il vicepresidente. 

Il numero di grandi elettori per ogni stato varia in base alla sua popolazione: per esempio, la California, che ha quaranta milioni di abitanti, ha diritto a 54 grandi elettori; mentre il Wyoming, che ha seicentomila abitanti, ne ha tre. In ogni stato (tranne che in Maine e Nebraska, dove alcuni voti sono attribuiti dai distretti) il candidato che ottiene più voti conquista tutti i delegati in palio.

In molti Stati la votazione è già in corso, e si può affermare che la votazione si svolgerà in 50 modi diversi, perché il diritto di voto è federale, ma la meccanica del voto appartiene ai singoli Stati.

Per questo, anche le modalità di voto sono diverse: c'è ancora chi vota su carta, altri sono già più avanzati e quindi utilizzano l'elettronica.

Qualunque sia il sistema utilizzato, al termine del voto popolare, come detto sopra, ogni Stato esprime i grandi elettori, i quali poi votano per il presidente. In linea di massima, una volta designati i grandi elettori, il loro voto non può riservare sorprese.

Cosa aspettarsi e come interpretare i dati che arriveranno dai singoli stati, soprattutto quelli in bilico

Il giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti gli ultimi seggi in ognuno dei singoli stati chiuderanno a orari molto diversi, dall’una del mattino di mercoledì, ora italiana, fino alle sette. Anche per questo, oltre che per la grande quantità di dati, informazioni, seguire in tempo reale quello che sta succedendo non sarà facilissimo.

Alle 23( ora italiana) di martedì sera i primi Stati a chiudere i seggi saranno l’Indiana e il Kentucky, due stati centrali dove a mezzanotte verranno chiuse le votazioni nelle aree più interne. Per le prime proiezioni però bisognerà attendere ancora, dato che i media e i canali televisivi si sbilanceranno sul risultato soltanto dopo la chiusura dei seggi in tutto il territorio dei due stati, cioè all’una.

Nella prima parte della serata si potranno commentare soltanto i sondaggi realizzati il giorno stesso del voto, davanti ai seggi oppure per telefono o online.

Due sono gli exit poll di gran lunga più commentati e cioè quelli nazionali realizzati dal consorzio di reti tv National Election Pool (NEP), che comprende fra gli altri anche CNN, e da AP VoteCast, commissionati da Associated Press.

Gli americani li chiamano “exit poll” ma non sono esattamente exit poll per come li intendiamo noi, anche perché non si potranno mostrare le indicazioni di voto per i singoli candidati – i seggi saranno ancora aperti in tutto il paese – ma soltanto le risposte ad alcune domande più generali. Già quelle, però, potrebbero darci qualche indicazione su come andrà la notte.

All’una di notte italiana chiuderanno il resto dei seggi in Indiana e Kentucky e tutti i seggi in South Carolina, Vermont, Virginia e Georgia. Gli stati da tenere d’occhio saranno soprattutto gli ultimi due.

Ormai da una decina d’anni la Virginia non è più uno stato in bilico: il fatto che ci abitino moltissime persone che lavorano nella città di Washington, quindi tendenzialmente giovani e colte, l’ha resa uno stato che vota per i Democratici con un discreto margine.

Se a quell’ora la Virginia dovesse essere ancora molto in bilico, sarebbe un brutto segnale per Kamala Harris.

La Georgia invece è uno degli stati in bilico da tenere d’occhio con maggiore attenzione durante la notte elettorale. È possibile che il vincitore o la vincitrice in Georgia si sapranno soltanto dopo molte ore o anche giorni di scrutinio: se invece Trump dovesse vincere già durante la notte, per lui sarà un ottimo segnale

Fra l’1:30 e le 2 ora italiana chiuderanno i seggi in stati in cui a meno di enormi e impronosticabili sorprese vincerà Trump – Ohio, West Virginia, Alabama, Florida, Mississippi, Missouri, Oklahoma, Tennessee – e in altri in cui invece vincerà Harris – Connecticut, Delaware, Illinois, Maryland, Massachusetts, New Hampshire, New Jersey, Rhode Island, e Washington DC.

In tutti questi stati la vittoria sarà assegnata a Trump o Harris alla chiusura dei seggi, o comunque poco dopo.

Ma a quest’ora i seggi chiuderanno soprattutto in due importanti stati in bilico: North Carolina e Pennsylvania. Soprattutto la Pennsylvania quest’anno è lo stato in cui Harris e Trump devono vincere per avere buone speranze di diventare presidente.

Negli ultimi cinquant’anni il North Carolina ha votato per un presidente Democratico soltanto due volte, nel 1976 e nel 2008: ormai da anni però il margine fra i due partiti si è progressivamente ridotto, tanto che i sondaggi danno Harris e Trump praticamente pari.

Chiunque vincerà la Pennsylvania, invece, guadagnerebbe ottime possibilità di diventare presidente: soprattutto perché è lo stato fra quelli in bilico che assegna il numero più alto di grandi elettori, cioè di delegati che votano materialmente per il presidente (più popoloso è uno stato, più alto è il numero di grandi elettori che esprime).

Storicamente poi l’andamento del voto in Pennsylvania è piuttosto allineato con quello di altri due stati in bilico che si trovano più o meno nella stessa regione degli Stati Uniti, Michigan e Wisconsin. Se un certo candidato o candidata ottiene un buon risultato in Pennsylvania, c’è una buona possibilità che farà lo stesso anche in Michigan e Wisconsin, dove i seggi chiudono un filo dopo. E più tardi?

Fra le 3 e le 4 di mercoledì mattina chiuderanno i seggi in moltissimi altri stati: quelli da seguire con più attenzione saranno Michigan, Wisconsin e Arizona (alle 3) e Nevada (alle 4).

Buona parte di questi ragionamenti salterà, se Harris e Trump saranno davvero vicinissimi, come sembrano dire diversi sondaggi, in tutti gli stati in bilico: in quel caso per determinare il vincitore o la vincitrice di queste elezioni potrebbero volerci giorni, esattamente come accadde nel 2020 quando i media statunitensi assegnarono la vittoria (in seguito certificata anche dallo scrutinio dei voti finali) a Joe Biden, cinque giorni dopo la chiusura dei seggi.



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