Foggia: ridotta la pena per l’omicidio stradale della giovane avvocatessa Di Pumpo: “La giustizia ha tradito mia figlia”
A due anni dalla tragedia, la Corte d’Appello riduce la condanna per Francesco Cannone. La madre della vittima esplode sui social: “Un sistema che protegge i colpevoli e dimentica gli innocenti”.
Due anni di dolore, battaglie e speranze infrante. Due anni in cui la famiglia di Camilla Di Pumpo, giovane avvocatessa foggiana di soli 25 anni, ha cercato di ottenere giustizia per la sua morte. Ma la decisione della Corte d’Appello ha aggiunto un nuovo peso al loro lutto: la pena per Francesco Cannone, il 23enne di Carapelle che la notte del 26 gennaio 2022 si scontrò con l’auto della ragazza, è stata ridotta da 5 anni e due mesi a 4 anni di reclusione. Un verdetto che ha scatenato l’indignazione della madre di Camilla, che sui social ha espresso tutta la sua amarezza:
“È inaccettabile che chi ha ucciso mia figlia venga protetto, mentre noi, vittime innocenti, siamo lasciati soli. Questo sistema non funziona, non sa più distinguere tra giusto e sbagliato”, ha scritto in un post carico di rabbia e dolore.
La tragedia in pieno centro: una giovane vita spezzata
La sera del 26 gennaio 2022, Camilla era alla guida della sua Fiat Panda, quando, nel centro di Foggia, la sua auto si è scontrata violentemente con l’Audi condotta da Cannone. L’impatto è stato devastante e per la giovane avvocatessa non c’è stato nulla da fare.
Nel primo processo, il giovane era stato condannato a 5 anni e due mesi di reclusione per omicidio stradale. La sentenza aveva dato almeno un piccolo conforto alla famiglia della vittima, che sperava in un segnale di giustizia. Ma la recente decisione della Corte d’Appello, che ha ridotto la pena a 4 anni, ha riaperto la ferita, alimentando il senso di ingiustizia. Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi novanta giorni, ma il verdetto ha già lasciato un segno indelebile nei cuori di chi amava Camilla.
Lo sfogo della madre: “Giustizia tradita”
Il dolore di una madre che ha perso una figlia così giovane è inimmaginabile. Ma ad aggiungere sofferenza è la percezione di un sistema giudiziario che, invece di tutelare le vittime, sembra proteggere chi ha causato loro un danno irreparabile.
“Le istituzioni dovrebbero difendere chi subisce un torto, e invece finiscono per agevolare chi lo commette. È una giustizia che non tutela più i cittadini, che calpesta la dignità delle vittime e favorisce l’illegalità. Camilla credeva profondamente nel valore della legge, ma oggi la legge l’ha tradita”, ha scritto la madre.
Camilla aveva scelto di diventare avvocato proprio per difendere i diritti delle persone. Voleva contribuire a migliorare la società attraverso il diritto, aveva fiducia nelle istituzioni, nei processi, nella possibilità di fare la differenza. Ma il sistema in cui credeva non ha saputo renderle giustizia.
Un dolore che diventa battaglia
Nonostante la delusione, la famiglia di Camilla non intende arrendersi. Questo caso, come tanti altri, apre una riflessione più ampia sulla giustizia in Italia e sulla necessità di pene più severe per chi, con irresponsabilità alla guida, provoca tragedie irreparabili.
Nel cuore di chi l’ha conosciuta, Camilla resterà per sempre la ragazza solare, determinata, appassionata del suo lavoro e della vita. La sua battaglia per un mondo più giusto continua attraverso le parole e il dolore della sua famiglia, che chiede una riforma seria del sistema giudiziario.
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