Il senso di territorialità e di appartenenza
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(Case a schiera) |
a cura del prof. Giuseppe Piemontese, Società di Storia Patria per la Puglia.
Nel 2004 Miguel Benasayag e Gérard Schmit scrivevano che ormai siamo nell’epoca delle “passioni tristi”, cioè in un mondo in cui ogni “promessa” di un futuro migliore è compromessa da un “futuro” basato più che sulla felicità e sul benessere, da minacce, vedi alcuni anni fa l’epidemia di “Coronavirus” e oggi il ritorno delle guerre in Europa e nel Medio Oriente, che creano una situazione di continua precarietà e di paura nel domani. Un futuro, quindi, minaccioso che compromette la stessa sopravvivenza dell’uomo, di fronte ad alcuni problemi gravi, come il degrado ambientale, il rischio dell'aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali, la diminuzione della privacy, l’Intelligenza Artificiale e, oggi, più che mai, la minaccia delle guerre come lotta contro le democrazie e i diritti dei popoli a vivere nei propri Stati. Aspetti e problematiche negative, riconducibili al fenomeno in atto della globalizzazione, che ha preso piede specialmente negli ultimi vent’anni e che sta condizionando in maniera massiccia le società contemporanea, ma soprattutto gli Stati occidentali, tanto da creare in continuazione momenti di crisi e di instabilità a causa antiche rivendicazioni territoriali, di scambi commerciali incontrollabili e spostamenti di flussi finanziari senza regole e senza morale, oltre si intende a migrazioni e immigrazioni, che, se non regolamentate, possono portare gravi fenomeni di mancanza di integrazione e lotte intestine. Purtroppo, oggi, tutto questo è presente e ricade in maniera speculare sulla pelle dei cittadini, ma specialmente sul modo di vivere di tanta gente, che si vede privare da un giorno all’altro della propria libertà di muoversi e di portare avanti quotidianamente e serenamente la propria vita familiare e comunitaria.
In tutto questo scenario, di un mondo globalizzato, quello che subisce le maggiori conseguenze è lo sviluppo locale e, quindi, il venire meno del senso di territorialità e del senso di appartenenza. Sviluppo che dovrebbe essere basato soprattutto sulle potenzialità intrinseche del proprio territorio, che da un giorno all’altro si vede privato della necessaria attenzione da parte degli attori principali di tale sviluppo e, precisamente dallo Stato e, quindi, dal governo, ma in generale dalla classe politica e più specificatamente dalla classe imprenditoriale, che agisce ed opera secondo principi e convenienze basati sul profitto e, quindi, su regole che possano agevolare il processo produttivo a minor costo. È il cosiddetto fenomeno della delocalizzazione, e in generale della globalizzazione, che purtroppo colpisce la maggior parte dei territori delle regioni del Sud, a vantaggio dei paesi emergenti, o dei paesi più forti, come sta avvenendo attraverso l’egemonia di alcuni Stati, come la Cina, la Russia, gli Stati Uniti, contro Stati e nazioni confinanti, di minor entità economiche e militari. Purtroppo chi ne va di mezzo sono gli Stati minori e marginali, rispetto a Stati e nazioni con un maggiore potenziale economico e politico, tanto da creare le premesse, come stiamo vedendo, a vere e proprie guerre e violenze di ogni genere, verso confini e popoli, che di giorno in giorno stanno subendo violenze di ogni genere. Il tutto a discapito dei territori e quindi della sovranità dei popoli sopra i luoghi di appartenenza. Una delocalizzazione selvaggia, che penalizza in maniera diretta le potenzialità territoriali e, quindi, il senso dell’appartenenza dei popoli e dei luoghi di nascita. Del resto questo fenomeno lo si vede specialmente nei piccoli centri urbani dove il tutto viene demandato ad una pianificazione non più diretta e, quindi, locale, ma ad una pianificazione esterna, che sacrifica, in maniera negativa, le potenzialità locali ma soprattutto il senso di appartenenza territoriale, compresa la propria identità culturale. E tutto questo si ripercuote sul contesto urbano che di giorno in giorno si vede privato di ogni forma di sviluppo e di vita sociale, tanto da determinare un progressivo abbandono non solo del suo centro storico, quanto dell’intero tessuto urbano, attraverso la fuga dei giovani in cerca di lavoro, ma soprattutto delle famiglie non più attaccate alla propria città. Un fenomeno alquanto grave che colpisce specialmente i centri urbani del Sud, dove si manifesta principalmente l’abbandono del territorio e il fenomeno emigratorio. Del resto oggi molti comuni sono soggetti a subire le pianificazioni regionali e, quindi, nazionali, senza che il potere locale e politico possa sancire un proprio piano di sviluppo e di intervento diretto. Mancano sovvenzionamenti e investimenti diretti, tanto da creare le premesse per un lento degrado sociale ed economico, il tutto aggravato anche dall’annullamento o trasformazione di determinati simboli identitari della città o del territorio, come i monumenti, le piazze, i giardini, i rioni, le strade, i palazzi storici, le masserie, ecc.
E tutto questo a causa di una politica che non tiene conto di ciò che ha rappresentato il passato, il cosiddetto Genius Loci o l’Anima dei Luoghi, tanto da assistere anno dopo anno, alla trasformazione di determinati luoghi emblematici, come le piazze e i giardini, un tempo elementi base per trovare in essi un motivo di restare nella propria città e nel luogo dove si era nati e vissuti. Oggi tale appartenenza e tali luoghi vengono distrutti e, quindi, cancellati, per far posto ad un cambiamento che non ha più il senso della bellezza e, quindi, il senso della propria identità territoriale. Il cosiddetto Genius Loci. Del resto il territorio o la stessa città “non è una dimensione inerte e astratta, riducibile alla sua rappresentazione cartografica, né a un oggetto morto, suscettibile di qualsiasi trattamento e la complessità della sua vita deve connettersi inestricabilmente ai tempi della natura e alla temporalità culturale”. In altre parole “il territorio non è un concetto astratto e metrico equivalente, è il frutto di un dialogo tra culture e spazi geografici realizzati e costruiti in tempi lunghi: è una costruzione culturale, una messa in forma storico-geografica, legata alla storia della gente e quindi delle proprie tradizioni, tale da creare una sinergia fra chi vi abita e la sua storia e la sua cultura. Del resto dobbiamo sapere che il territorio è, inoltre, un luogo composto da più luoghi, e in quanto tale esprime identità, storia, carattere e strutture di lungo periodo; dà luogo a forme, configurazioni fisiognomiche (“tipi”) e individualità territoriali. Inoltre il territorio, in quanto luogo o costellazioni di luoghi, è identità in contrapposizione alla logica di omologazione e astrazione che sta alla base della forma attuale di globalizzazione deculturante. Il territorio è costitutivamente locale, non in senso dimensionale o gerarchico, ma nella forma di territorializzazione che riconosce, asseconda e incrementa, attraverso un progetto incentrato sui caratteri singolari del luogo, specifiche potenzialità di un ambito geografico e culturale”. In questo senso ogni luogo deve conservare una sua identità acquisita nel tempo, espressione della sua storia e delle sue tradizioni locali. Il territorio non è riducibile esclusivamente alla sua dimensione economica di uso immediato: è patrimonio e risorsa. Il territorio è in relazione (identitaria, espressiva, coevolutiva, co-relazionale ecc.) con una comunità consapevole del luogo in cui abita e che, quindi, se ne prende cura. La comunità incarna la “coscienza di luogo”, ossia “la consapevolezza del valore patrimoniale dei beni comuni territoriali in quanto elementi essenziali per la riproduzione della vita individuale e collettiva, biologica e culturale”, e in quanto tale è garanzia di auto-sostenibilità del territorio.
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