Dazi USA-Cina, Bruxelles osserva: “Impatto limitato sul nostro PIL”
Intanto Pechino alza i controdazi fino al 125%
Mentre la tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina tocca un nuovo apice, l’Unione Europea osserva con attenzione e una certa prudenza. Secondo fonti comunitarie, l’escalation tariffaria in atto non dovrebbe avere un impatto sostanziale sull’economia europea. Una visione che, se confermata, contrasterebbe con le conseguenze attese per l’economia americana, che appare invece più esposta agli effetti di questa nuova ondata di dazi.
Il 10 aprile 2025, Pechino ha risposto con decisione all’ultimo pacchetto tariffario statunitense, alzando le tariffe su un’ampia gamma di beni "Made in USA", portandole dall’84% fino a un massimo del 125%. La manovra è arrivata dopo che Washington aveva già incrementato i propri dazi sui prodotti cinesi fino al 145%, includendo un ulteriore 20% legato alla questione del fentanil, sostanza ritenuta responsabile di una crisi sanitaria senza precedenti negli Stati Uniti.
Le autorità cinesi hanno definito questa risposta come l’ultimo colpo in una battaglia commerciale ormai logorante. Secondo il Ministero delle Finanze di Pechino, ulteriori aumenti sarebbero addirittura superflui, poiché le tariffe attuali sarebbero già sufficienti a rendere i prodotti statunitensi non competitivi sul mercato interno.
Nel frattempo, Bruxelles analizza gli scenari con distacco strategico. Le valutazioni preliminari parlano chiaro: per il Vecchio Continente, l’impatto di queste misure sarà “limitato”. Non si intravedono, almeno nell’immediato, contraccolpi rilevanti sul PIL europeo. Diversa la situazione oltreoceano: gli Stati Uniti potrebbero dover affrontare un rallentamento della crescita, dovuto alla contrazione delle esportazioni verso il colosso asiatico e a un probabile aumento dei costi per le imprese americane.
A peggiorare il quadro, la Cina ha presentato una nuova denuncia formale presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, accusando gli Stati Uniti di mettere in atto pratiche commerciali unilaterali e dannose per il libero mercato. Un messaggio diretto, che mira non solo a legittimare le contromisure di Pechino, ma anche a rafforzare il proprio ruolo nel sistema multilaterale.
Il presidente cinese Xi Jinping ha colto l’occasione per rivolgere un messaggio all’Unione Europea: “In una guerra commerciale non ci sono vincitori”, ha dichiarato. L’appello, neanche troppo velato, è quello di un’alleanza diplomatica con Bruxelles, in nome della stabilità e del multilateralismo.
I mercati hanno reagito con nervosismo. Il dollaro ha mostrato segni di debolezza rispetto allo yuan, mentre le principali borse asiatiche hanno chiuso in calo. Gli analisti temono che questa escalation, se non contenuta, possa spingere l’economia globale verso una nuova fase di rallentamento.
In questo contesto teso e complesso, l’Europa si muove con cautela. Non è intenzionata a schierarsi, ma sa bene che la stabilità economica globale passa anche dalla sua capacità di mediazione. La partita tra USA e Cina si gioca a colpi di dazi, ma l’impatto – come sempre – avrà ricadute ben oltre i confini di Washington e Pechino.
Riflessione di redazione
In una geopolitica che si gioca sempre più sul filo del protezionismo, l’Europa recita il ruolo dell’equilibrista. Ma fino a quando potrà restare spettatrice senza diventare, per necessità o strategia, parte del gioco? Le guerre commerciali non sono fatte solo di numeri: sono battaglie di visione, di alleanze e di futuro. E l’Europa, volente o nolente, dovrà presto decidere se limitarsi a calcolare l’impatto sul PIL o iniziare a scrivere – davvero – il suo destino economico.
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