Escort con partita IVA: l’Italia riconosce le tasse, ma non il lavoro - NOC Press

Escort con partita IVA: l’Italia riconosce le tasse, ma non il lavoro

 



Escort con Partita IVA, ma Senza Tutele: Il Codice C’è, la Legge No

In Italia, il sesso a pagamento non è illegale. Ma non è nemmeno un lavoro. Una contraddizione che da anni alimenta un paradosso giuridico e sociale: chi si prostituisce può – anzi, deve – pagare le tasse, ma non ha alcun diritto riconosciuto come lavoratore. Fino a ieri, non esisteva nemmeno un codice ATECO per identificarne l’attività. Oggi qualcosa è cambiato, almeno sul piano fiscale.

Dal 1° aprile 2025, infatti, è entrata in vigore la nuova classificazione ATECO dell’ISTAT, che ha incluso ufficialmente tra le “Attività di servizi personali non classificati altrove” anche la prostituzione e i servizi di escort. Il nuovo codice è il 96.09.30. Non nomina esplicitamente il sesso a pagamento, ma lo include tra le righe. È una svolta? Forse. Ma più che una rivoluzione, sembra un rattoppo su una falla che nessuno ha ancora avuto il coraggio di riparare davvero.

Secondo l’ISTAT, l’economia illegale in Italia ha raggiunto nel 2022 un valore di 19,8 miliardi di euro, con un incremento trainato proprio dal mercato della prostituzione e dal traffico di droga. Secondo stime Codacons, il solo giro d’affari legato al sesso a pagamento si aggira intorno ai 4,5 miliardi di euro, con circa 90.000 professioniste e professionisti attivi e 3 milioni di clienti regolari.

Eppure, chi sceglie di fare questo lavoro – o chi non ha alternative – si trova ancora a dover vivere nell’ombra. Sì, può aprire una partita IVA. Sì, può pagare le tasse come qualsiasi altro libero professionista. Ma no, non ha alcun diritto previdenziale. Niente maternità. Nessuna assicurazione. Nessuna protezione.

Chi lavora come escort spesso si ritrova a registrarsi sotto codici generici o fantasiosi. Fino a pochi mesi fa, i più utilizzati erano il 96.09.03 (“Agenzie matrimoniali e d’incontro”) o il 96.09.09 (“Altre attività di servizi alla persona non classificate altrove”). Una scorciatoia burocratica che racconta, in controluce, il disagio di uno Stato che pretende le tasse ma non si assume la responsabilità di riconoscere un mestiere che esiste, piaccia o meno.

Il nuovo codice ATECO è un piccolo passo, ma da solo non basta. Serve una riforma organica, che affronti il tema senza ipocrisie e che metta al centro le persone, non il pregiudizio. Perché dietro ogni partita IVA c’è una storia, spesso fatta di necessità, ma anche di scelte consapevoli. E chi lavora, in qualunque settore, ha diritto a essere visto, tutelato e rispettato.

Oggi, la legge ancora non lo fa. E quel codice, appena nato, rischia di restare una foglia di fico su un vuoto normativo troppo grande per essere ignorato ancora.

Nessun commento:

Lascia un commento. Sarà cura della Redazione a pubblicarlo in base alle leggi vigenti, che non violino la persona e cose altrui. Grazie.