Guerra commerciale USA-Cina: Pechino sferra un duro colpo al mercato del gas americano
Pechino risponde ai dazi di Trump: stop al gas liquido americano e vendita massiccia di titoli di Stato USA
La Cina ha compiuto una mossa strategica che rischia di far vacillare l’equilibrio economico degli Stati Uniti: il blocco totale delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) proveniente dagli USA. Una decisione che costringe Washington a cercare in fretta nuovi sbocchi commerciali, con ricadute dirette sui prezzi dell’energia e sui titoli azionari delle compagnie energetiche americane.
La stretta cinese arriva come risposta alle misure protezionistiche dell’amministrazione Trump, che ha usato i dazi doganali come leva per ridurre il disavanzo commerciale e incentivare il rientro delle produzioni industriali sul suolo statunitense. Un piano ambizioso di "relocalizzazione al contrario", che però si scontra con tempistiche lunghe e ostacoli strutturali.
Ma dietro la crociata contro le importazioni si cela anche un’altra urgenza: finanziare l'enorme debito pubblico americano. Per farlo, Washington deve convincere i partner internazionali ad acquistare i propri Treasury Bond, offrendo in cambio agevolazioni commerciali in trattative bilaterali. Una strategia a rischio, ora che la Cina – uno dei principali creditori degli USA – ha iniziato a vendere a ritmo sostenuto i buoni del Tesoro americani.
Crollo dei titoli di Stato e pressione sul dollaro
La dismissione dei titoli statunitensi da parte di Pechino sta contribuendo alla svalutazione del dollaro e alla perdita di attrattività del debito americano sui mercati globali. Ne conseguono un potenziale innalzamento dei tassi d’interesse e un peggioramento del rating di credito degli Stati Uniti, con effetti a catena su economia e investimenti.
Pechino, intanto, mantiene il sangue freddo: limita le esportazioni verso gli USA, ma rafforza la propria presenza nei mercati asiatici, europei e sudamericani. Una strategia fondata sulla “pazienza strategica” e su una crescente fiducia nella forza dello yuan, la moneta cinese, destinata a giocare un ruolo sempre più centrale nella competizione valutaria globale.
Oro, terre rare e materie prime: l'arsenale silenzioso della Cina
Per consolidare la propria indipendenza economica, la Cina sta accumulando riserve d’oro e ha bloccato l’export di risorse critiche come le terre rare e il litio, fondamentali per l’economia digitale e green. A ciò si aggiungono le forniture strategiche garantite dalla Russia: platino, palladio, carbone, rame, ferro e altri metalli rari, che rafforzano l’autonomia energetica e industriale del colosso asiatico.
Essendo oggi il primo importatore mondiale di petrolio, la Cina ha acquisito anche una leva significativa sul prezzo del greggio. Una leva che, se attivata, potrebbe mettere in crisi tanto l’economia americana quanto quella dei principali produttori del Golfo.
Chi paga il conto? La classe media americana
A fare le spese di questo braccio di ferro rischia di essere proprio quella fascia di popolazione americana che ha sostenuto Trump alle urne: la classe media e quella meno abbiente. L’aumento dei prezzi sui beni di consumo importati dalla Cina, unito al rallentamento economico e all’inflazione, potrebbe generare malcontento sociale e ripercussioni politiche già nel breve termine.
Un confronto destinato a durare
La guerra economica tra Stati Uniti e Cina è solo all’inizio. Donald Trump ha avviato una partita di poker geopolitico che potrebbe durare anni e ridisegnare gli equilibri del commercio internazionale. Gli esiti sono ancora incerti, ma una cosa è chiara: la posta in gioco è altissima.
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