"Nozioni d'intelligence". Operazioni sotto copertura: come agiscono realmente gli agenti sul campo
Nel cinema, l'agente segreto è spesso ritratto come un individuo solitario, carismatico, dotato di gadget fantascientifici e libero da qualsiasi vincolo. Nella realtà , però, le operazioni sotto copertura condotte dai servizi segreti occidentali – come la CIA, il MI6 britannico o la DGSE francese – sono frutto di strutture rigide, anni di preparazione e un coordinamento millimetrico con le agenzie partner.
L’identità di copertura non si improvvisa
Prima che un agente venga inserito in un Paese considerato "ostile" o sotto osservazione (Iran, Corea del Nord, o aree tribali tra Afghanistan e Pakistan, ad esempio), passa per un lungo processo di "legend building", ovvero la costruzione della leggenda personale. Questa identità falsa deve essere credibile in ogni dettaglio: documenti, attività online, tracce bancarie, contatti sociali, persino impronte digitali e passati lavorativi coerenti.
In alcuni casi, le agenzie collaborano con aziende di facciata – le cosiddette "front companies" – per fornire un’occupazione fittizia all’operatore. Una società di import-export, un’ONG umanitaria o un’agenzia stampa indipendente possono rappresentare coperture perfette per giustificare viaggi, contatti e trasferimenti di denaro.
Operazione "Timber Sycamore", la guerra segreta in Siria
Un esempio concreto e poco raccontato al grande pubblico è l’operazione "Timber Sycamore", un programma segreto della CIA avviato nel 2012 per addestrare, armare e finanziare gruppi ribelli "moderati" in Siria, con l'obiettivo di destabilizzare il regime di Bashar al-Assad.
- L’operazione, condotta in collaborazione con i servizi segreti giordani, sauditi e turchi, prevedeva una logistica capillare:
- L’addestramento veniva svolto in basi remote della Giordania e del Qatar.
- Le armi – spesso provenienti dai Balcani – venivano trasferite via aerea e poi fatte entrare nel Paese attraverso confini porosi.
Gli agenti CIA e i loro appaltatori agivano con coperture civili, fingendo ruoli in organizzazioni umanitarie, aziende private o missioni diplomatiche.
Tuttavia, nonostante l’enorme dispiegamento di risorse – si stima un budget di oltre un miliardo di dollari – l’operazione è finita fuori controllo. Molte armi americane sono finite in mano a gruppi jihadisti, compresi membri di al-Nusra, legati ad al-Qaeda. L'operazione è stata ufficialmente interrotta nel 2017, ma ha lasciato sul terreno un sistema complesso di reti informali, mercenari e contractor difficili da smobilitare.
Tecnologia e vecchie abitudini
Contrariamente a quanto si pensa, gran parte dell’intelligence sul campo viene ancora raccolta con metodi tradizionali: incontri di persona, bigliettini lasciati in punti prestabiliti (i cosiddetti "dead drops"), microfilm e codici mnemonici. I telefoni satellitari e le comunicazioni criptate vengono usati, ma sempre con estrema cautela: ogni segnale può essere tracciato, ogni connessione può rappresentare un rischio.
Per questo, anche nei conflitti moderni, gli agenti tornano spesso alla "tradecraft" classica: percorsi ripetuti per testare eventuali pedinamenti, segnali visivi, punti di osservazione. In città come Damasco o Aleppo, dove ogni straniero è un potenziale bersaglio, l’arte della discrezione vale più di ogni strumento digitale.
Le ombre dentro l’alleanza
Un elemento spesso ignorato è che anche tra Paesi alleati esiste un gioco di ombre. Gli Stati Uniti spiano la Francia. Israele monitora gli Stati Uniti. L’Italia ha subito diversi tentativi di penetrazione informativa da parte di attori "amici", soprattutto nel settore della difesa e dell’energia. Ecco perché, anche dentro la NATO, le agenzie di intelligence lavorano su piani paralleli, spesso nascondendo informazioni ai propri alleati.
Note di Redazione
Il mondo dell’intelligence è fatto di routine, dettagli minuziosi, relazioni pericolose e decisioni rapide. È un universo dove ogni parola può pesare come un proiettile e ogni errore può valere una vita. L’operatore sul campo non è un eroe solitario, ma il frutto di una macchina invisibile, che lavora senza clamore nei punti ciechi della geopolitica.
E le guerre segrete, come quella in Siria, ci ricordano che dietro ogni mappa diplomatica esistono operazioni silenziose, fatte di agenti senza volto e dossier senza firma.
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