Quando il gigante si spara sui piedi: l’America che vuole dominare ma finisce per isolarsi
Trump ha lanciato una guerra commerciale per riaffermare la supremazia americana, ma ha finito per indebolire l’economia, isolare il Paese e aprire la strada all’ascesa globale della Cina.
C’è qualcosa di tragicamente ironico nel vedere gli Stati Uniti, autoproclamatisi “fari del mondo libero”, scivolare dentro un tunnel di decisioni impulsive che minano le fondamenta stesse della loro egemonia. La guerra commerciale innescata dall’amministrazione Trump non è solo un errore tattico: è l’autoritratto di una superpotenza in crisi d’identità, che reagisce con rabbia al declino della propria influenza globale, anziché guidare il cambiamento con intelligenza e visione.
L’ex presidente Donald Trump ha trasformato le tensioni commerciali con la Cina in una crociata personale, mascherandola da lotta per il lavoro americano. Ma dietro i proclami e le promesse di “rendere grande l’America”, si nasconde un gioco pericoloso fatto di illusioni, ignoranza macroeconomica e un pizzico inquietante di nazionalismo cieco.
Errore numero uno: colpire sé stessi per punire un rivale
Aumentare i dazi su centinaia di miliardi di dollari di merci importate ha significato, in pratica, colpire le aziende e i consumatori statunitensi. Le catene di produzione si sono complicate, i costi sono saliti, la fiducia è scesa. Le imprese si sono trovate a pagare di più per materiali e componenti essenziali, e a valle, i cittadini hanno iniziato a fare i conti con prezzi più alti sugli scaffali.
In nome della “protezione”, si è danneggiata la competitività interna. In nome della “grandezza”, si è alimentato un’inflazione evitabile. E tutto questo mentre economisti, CEO e persino agricoltori colpiti in pieno petto lanciavano l’allarme. Ma il problema è che Trump non ascolta gli esperti. Preferisce gli slogan.
Errore numero due: sottovalutare un colosso
Pensare che la Cina potesse cedere sotto il peso dei dazi è stata un’ingenuità colossale. Pechino non solo ha retto l’urto, ma ha trasformato la crisi in un’occasione per accelerare la propria trasformazione economica. Ha investito nella tecnologia, nella domanda interna, nella costruzione di nuove rotte commerciali e politiche di cooperazione internazionale. E mentre Washington chiudeva porte, la Cina le spalancava.
Il Dragone ha capito che il vero potere non si esercita alzando muri, ma costruendo ponti. Ed è questo che sta facendo in Asia, in Africa, in Europa. Non con la retorica, ma con investimenti, infrastrutture e diplomazia economica.
Errore numero tre: auto-isolarsi in un mondo che si sta ridefinendo
La miopia più grave dell’amministrazione statunitense è stata però strategica: immaginare di poter riscrivere le regole del mondo da soli. Abbandonando trattati internazionali, denigrando alleati storici e sabotando le istituzioni multilaterali, gli Stati Uniti hanno fatto il lavoro della Cina. Le hanno lasciato spazio. Le hanno ceduto la narrazione.
Accordi come il RCEP, che esclude gli USA ma include quasi tutta l’Asia-Pacifico, mostrano che la globalizzazione non è finita, ha solo cambiato guida. E l’America? Rimane seduta sul ciglio della strada, a guardare i treni passare, incapace di tornare in cabina di regia.
Non è solo economia. È una crisi di leadership
Questa non è una semplice faida sui dazi. È un campanello d’allarme geopolitico. Gli Stati Uniti stanno lentamente scivolando da leader a spettatori del mondo. Non per colpa di forze esterne, ma per decisioni autolesioniste, per un’ideologia muscolare che scambia l’isolazionismo per forza e la propaganda per strategia.
Trump ha parlato alla pancia del Paese, ma ha ignorato la sua testa. Ha preferito i tweet agli strumenti diplomatici, la provocazione alla costruzione di consenso. Il risultato? Un'America meno rispettata, meno ascoltata, meno capace di incidere.
E la Cina? Avanza, osserva, incassa.
Mentre gli Stati Uniti si barricano dietro il mito del primato perduto, la Cina si muove. Non perfetta, non democratica nel senso occidentale, ma estremamente lucida nella visione. E oggi, più che mai, è pronta a sfruttare ogni crepa aperta dall’arroganza americana.
La guerra commerciale, che doveva essere il simbolo del ritorno alla grandezza, potrebbe passare alla storia come il punto in cui gli Stati Uniti hanno perso definitivamente la leadership globale.
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