SFL, l’ennesima presa in giro: niente data fissa per il pagamento e famiglie lasciate nell’incertezza
Il sussidio da 500 euro destinato ai più fragili arriva "entro il mese", ma senza una scadenza certa. La rabbia dei beneficiari sui social: “Lo Stato gioca con la nostra dignità”.
Da quando il Governo Meloni ha decretato la fine del Reddito di Cittadinanza, sostituendolo con il tanto discusso Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), per migliaia di famiglie italiane è iniziata una nuova odissea. Non parliamo di percorsi formativi, corsi professionali o occasioni lavorative concrete — che spesso esistono solo sulla carta — ma della semplice e sacrosanta erogazione dei 500 euro mensili che, almeno in teoria, dovrebbero garantire un minimo di sussistenza a chi si trova in condizioni di vulnerabilità economica.
Eppure, anche su questo fronte lo Stato ha deciso di complicare le cose.
Se in origine la ricarica era prevista per il 27 di ogni mese, dal gennaio 2025 l’INPS ha smesso di indicare una data fissa per l’accredito, limitandosi a un generico “entro il mese”. Una formula vaga che ha trasformato il sussidio in una sorta di roulette mensile. Il risultato? I beneficiari si ritrovano a monitorare compulsivamente il saldo, a inviare PEC e a intasare i centralini dei CAF e delle sedi INPS, nel tentativo di capire quando — e se — arriverà quel piccolo ma vitale importo.
Sui social, le testimonianze si moltiplicano. “Siamo trattati come accattoni”, scrive una madre disoccupata su Facebook. “Un tempo almeno sapevamo quando arrivava il Reddito, ora è tutto lasciato al caso. Una vergogna”. Altri parlano di spese saltate, affitti in ritardo, bollette inevase, e c’è chi accusa il governo di voler demoralizzare e colpevolizzare i poveri, invece che sostenerli con politiche serie e strutturate.
“Con il Reddito di Cittadinanza almeno c’era un minimo di dignità. Oggi ci tolgono pure la certezza del giorno in cui fare la spesa.”
Il Supporto Formazione Lavoro, presentato come un passo verso “l’attivazione” e il reinserimento, rischia così di rivelarsi un passo indietro per migliaia di italiani. E chi parla di “ponte verso il lavoro” dovrebbe prima guardare quanti percorsi formativi siano davvero disponibili, accessibili e di qualità, specialmente nel Mezzogiorno, dove il mercato del lavoro è fermo da decenni.
Ma il problema va oltre la burocrazia: è politico e culturale. Chi percepisce un sussidio, oggi in Italia, viene visto come un peso, come un problema. Senza tutele, senza voce, senza rispetto. E quando si arriva a dover elemosinare 500 euro promessi e dovuti, la misura è colma.
L’Italia che vive con l’SFL non vuole elemosine, ma rispetto. E soprattutto, vuole sapere almeno quando potrà fare la spesa.
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