Torremaggiore: "Dopo 14 mesi, chiusa l’istruttoria della strage"
Dopo quattordici lunghi mesi di udienze, dichiarazioni spezzate dal dolore e immagini che ancora tormentano chi le ha viste, si è chiusa l’istruttoria dibattimentale del processo per la strage di Torremaggiore. Un procedimento segnato da interrogativi, sospetti e un dolore incancellabile che ha lacerato una comunità intera.
Una notte che non ha mai trovato l’alba
Era il maggio del 2023 quando l’Italia si svegliò con il fiato sospeso. In un’abitazione tranquilla di Torremaggiore, nel Foggiano, si era consumato l’impensabile. Tre vite distrutte, due spezzate per sempre. Taulant Malaj, originario dell’Albania, aveva accoltellato a morte il vicino di casa, Massimo De Santis, e la figlia sedicenne Jessica. La moglie, Tefta, sopravvissuta per miracolo, fu gravemente ferita. Il figlio più piccolo, allora appena cinque anni, fu testimone silenzioso dell’orrore.
Una gelosia folle e infondata sarebbe stata il motore di questo massacro. Ma nel corso del processo sono emersi dettagli inquietanti, che hanno gettato ombre ancora più cupe sul movente e sulle dinamiche familiari.
Quattordici mesi, una verità ancora in cerca di nome
Le aule del tribunale di Foggia hanno raccolto decine di testimonianze. Si è parlato di minacce, di una casa dove la paura era diventata quotidiana. Si è discusso di controllo ossessivo, di violenze verbali, e di una giovane ragazza, Jessica, che cercava di crescere con dignità in un clima sempre più opprimente.
Testi video, audio, immagini agghiaccianti: il materiale probatorio, in parte registrato dall’imputato stesso, è stato ritenuto così crudo che le udienze si sono svolte a porte chiuse. La Corte ha detto no alla perizia psichiatrica, ritenendo Malaj lucido e perfettamente in grado di intendere e di volere. Niente rito abbreviato, nessuna scorciatoia.
La difesa ha rinunciato a numerosi testimoni, mentre l’imputato ha scelto il silenzio: nessun confronto diretto in aula, solo i verbali dei suoi primi interrogatori acquisiti agli atti.
E ora?
Con l’istruttoria chiusa, il processo entra nella fase finale. La parola passerà alle parti per le arringhe, e infine alla Corte d’Assise. La sentenza di primo grado è attesa entro i prossimi mesi. Intanto, Torremaggiore resta in ascolto, con il cuore sospeso tra il ricordo e la speranza che la giustizia non perda il senso dell’umano.
Una comunità intera resta in piedi, ferita ma presente. Per Jessica. Per Massimo. Per Tefta e quel bambino che porta ancora negli occhi l’eco di quella notte.
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