Ucraina-Russia: 2000 prigionieri tornano a casa. Lo scambio più imponente del conflitto - NOC Press

Ucraina-Russia: 2000 prigionieri tornano a casa. Lo scambio più imponente del conflitto

 



di Redazione

È in corso il più massiccio scambio di prigionieri dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. Da giovedì 23 maggio, per la durata di almeno tre giorni, Kiev e Mosca hanno iniziato la liberazione reciproca di circa mille prigionieri ciascuna. L’operazione è frutto di un’intesa raggiunta nel corso dei recenti colloqui avvenuti nella capitale turca.

Fonti diplomatiche riservate, confermate da dichiarazioni ufficiali, parlano di un accordo articolato in più fasi: nella prima ondata, sono tornati a casa 270 militari e 120 civili per parte. I numeri potrebbero crescere nel corso delle prossime ore, a seconda delle condizioni logistiche e operative sui fronti di detenzione.

Dal lato ucraino, il presidente Volodymyr Zelensky ha salutato l’iniziativa come un atto dovuto verso chi ha subito la detenzione durante il conflitto, ribadendo che la liberazione dei prigionieri resta una delle priorità della presidenza. Non si è fatta attendere la replica russa: Mosca ha definito lo scambio come “un gesto di stabilizzazione reciproca”, pur senza rilasciare ulteriori commenti sul prosieguo dei negoziati.

Il contesto resta tutt’altro che semplice. I colloqui di Istanbul si sono svolti in un clima segnato da profonde divergenze: la Russia continua a insistere sul riconoscimento delle annessioni territoriali, mentre Kiev pone sul tavolo la richiesta di un cessate il fuoco immediato, la restituzione dei minori trasferiti forzatamente e una roadmap credibile per la pace.

Sullo sfondo, la mediazione turca prova a tenere in piedi un fragile equilibrio. Il ministro degli Esteri di Ankara, Hakan Fidan, ha espresso ottimismo cauto: “Ogni passo di dialogo può servire ad avvicinare le parti, ma la strada verso la de-escalation resta lunga.”

Negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha accolto con favore lo scambio, definendolo un possibile “segnale di apertura”, pur lasciando intendere che il supporto diplomatico di Washington dipenderà dai successivi sviluppi.

Nell’attesa di ulteriori aggiornamenti, ciò che si vede sul campo è chiaro: migliaia di vite coinvolte in una guerra lunga e logorante trovano, in queste ore, un varco verso la libertà. Ma nessuno, da nessuna parte, parla ancora di pace.

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