Colata di detriti a Cancia: Fazzini (SIGEA) “Fenomeno grave ma parte dell’evoluzione naturale dell’alta montagna”.
L’ennesimo evento gravitativo ad evoluzione rapida si è verificato tra il pomeriggio di sabato e la tarda serata di martedì nella media Valle del Boite, in piena area dolomitica, non lontano da Cortina d’Ampezzo.
Un fenomeno che ha causato danni ingenti ma, fortunatamente, senza conseguenze gravi per la popolazione. In particolare, la località di Cancia è stata colpita da una rovinosa colata di detriti che ha investito oltre venti edifici pubblici e privati, a soli due giorni di distanza da un altro evento simile.
A commentare la situazione è Massimiliano Fazzini, climatologo e geologo, Coordinatore del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA):
“Si tratta di eventi che fanno parte della normale evoluzione del paesaggio di alta montagna, soprattutto in una catena geologicamente giovane come quella alpina, caratterizzata da un clima estremo”.
Fazzini sottolinea come questi episodi rientrino ormai in un quadro ricorrente, aggravato dai cambiamenti climatici: “Il climate change, particolarmente intenso negli ambienti di alta montagna, sta provocando un’accelerazione temporale e una maggiore distribuzione spaziale di questi fenomeni. L’alta Valle del Boite, in particolare, è una delle aree più esposte, dove frane e colate di detriti avvengono con cadenza quasi annuale”.
Dal punto di vista meteoclimatico, l’aumento delle temperature medie tra aprile e ottobre gioca un ruolo determinante. Questo fenomeno provoca la fusione anticipata del manto nevoso stagionale, lasciando il terreno e i ghiacciai esposti a fenomeni erosivi e a frane.
“Una delle conseguenze più preoccupanti – spiega Fazzini – è la fusione del permafrost, ovvero il terreno perennemente ghiacciato che funge da collante tra le rocce. Quando il permafrost perde la sua funzione, si verificano crolli e frane anche di grandi dimensioni”.
Nel caso della colata di Cancia, secondo Fazzini, i temporali estivi – sempre più frequenti anche in alta quota e in periodi più ampi dell’anno – hanno giocato un ruolo fondamentale: “In passato si verificavano soprattutto tra luglio e agosto. Oggi, ogni volta che lo zero termico si alza rapidamente e l’atmosfera diventa instabile, aumentano le possibilità di eventi estremi. Nel caso specifico, sono caduti 52 mm di pioggia in soli 25 minuti, con un picco di 17 mm in appena 5 minuti”.
Questi intensi scrosci d’acqua causano la saturazione delle coltri detritiche, facilitando colate e smottamenti. Per Fazzini, è urgente puntare su sistemi di monitoraggio avanzato e strumenti di early warning.
“La catena alpina è una delle aree montane più antropizzate del pianeta, e ora siamo all’inizio della stagione turistica estiva. È fondamentale adattarsi alle nuove condizioni climatiche. Tecnologie come l’interferometria radar da terra possono aiutare a monitorare in tempo reale e prevenire tragedie. È ciò che ha permesso, ad esempio, l’evacuazione preventiva del villaggio svizzero di Blatten”.
Infine, Fazzini sottolinea che per rendere le nostre montagne più sicure e accessibili: “Serve un approccio integrato a livello locale, che combini monitoraggio meteorologico, immagini satellitari, radar e modellazione geotecnica. Solo così possiamo garantire una reale mitigazione del rischio e una fruizione turistica in sicurezza”.
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