Le strategie di disumanizzazione nel conflitto israelo-palestinese: un’eredità storica delle guerre imperialiste americane dell’Ottocento
Nel corso del XIX secolo, le potenze imperialiste svilupparono pratiche di guerra che si basavano sulla disumanizzazione sistematica dei popoli conquistati. Ludwig von Mises, nel suo studio “Nazione, Stato ed Economia” del 1919, evidenziò come Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti giustificassero le loro campagne militari definendo le popolazioni soggette come “razze inferiori”, incapaci di autogoverno. Questa narrativa serviva a legittimare operazioni di conquista e controllo, spesso accompagnate da violenze estreme.
Gli esempi storici più noti includono il dominio britannico in India e nel Congo, e le azioni degli Stati Uniti in Asia, in particolare nelle Filippine. Ma anche il lungo conflitto contro gli Indiani delle Pianure (1865-1890), guidato dal generale William Tecumseh Sherman, rappresenta un momento emblematico: la strategia militare non faceva distinzioni tra combattenti e civili, coinvolgendo attacchi indiscriminati e una volontà di sradicare intere comunità.
Allo stesso modo, la guerra nelle Filippine alla fine del XIX secolo provocò la morte di centinaia di migliaia di persone durante la rivolta contro l’occupazione americana. L’atteggiamento verso la popolazione locale venne descritto da figure politiche come Theodore Roosevelt con termini che riflettevano un razzismo profondo, in cui i filippini venivano considerati incapaci di governarsi autonomamente.
Negli stessi anni, la presa di controllo delle Hawaii fu ottenuta attraverso pressioni militari e politiche, culminate nell’annessione formale del 1898. Il nuovo ordine locale venne modellato per favorire gli interessi di imprenditori americani, mentre gli abitanti di origine asiatica furono esclusi dai diritti civili, confermando così una linea di discriminazione e dominio.
Questi precedenti storici sono tornati alla luce nelle modalità con cui si sviluppa oggi il conflitto israelo-palestinese. Alcuni discorsi e politiche espressi da rappresentanti israeliani mostrano una retorica che ricorda da vicino quella degli imperi del passato, con una visione che può portare a giustificare la negazione di diritti fondamentali a una popolazione civile sotto occupazione.
Secondo un’analisi recente, la narrazione ufficiale tende a minimizzare il valore umano dei palestinesi, consentendo azioni che hanno avuto come conseguenza la perdita di migliaia di vite e la distruzione massiccia di infrastrutture civili a Gaza. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’impatto umanitario e le conseguenze di queste strategie.
È importante contestualizzare questi eventi nella lunga storia delle guerre di potere e controllo territoriale, riconoscendo come certe dinamiche di disumanizzazione abbiano trovato nuova espressione in contesti moderni, pur cambiando forma. Questo confronto storico invita a una riflessione più ampia su come evitare che le lezioni del passato si ripetano in modo distruttivo.
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