Putin alza il livello: "L’Ucraina ha varcato il punto di non ritorno"
Mosca - La tensione tra Russia e Ucraina ha raggiunto un nuovo picco dopo le ultime dichiarazioni del presidente Vladimir Putin. In un intervento dai toni cupi, il leader del Cremlino ha accusato Kyiv di aver colpito basi militari strategiche che ospitano i bombardieri a lungo raggio dell’aeronautica russa, veicoli potenzialmente nucleari. "Hanno scelto la propria fine", ha affermato, sottolineando come secondo Mosca non ci siano più margini per una risoluzione diplomatica.
Il presidente russo ha parlato di “linea rossa cancellata” e di una futura “resa dei conti” per quella che ritiene una provocazione senza precedenti. Dietro l’episodio, però, emergono implicazioni ben più profonde: non solo strategiche, ma anche diplomatiche e simboliche, in grado di minare equilibri costruiti negli anni tra Mosca e Washington.
Secondo analisti statunitensi come Hal Turner, l’attacco ha violato norme tacite ma fondamentali nei rapporti di disarmo nucleare. I bombardieri russi, parte del trattato START stipulato tra USA e Russia, dovrebbero essere visibili e accessibili per verifiche reciproche, proprio per garantire trasparenza sull’uso di armamenti nucleari. Colpirli – sostiene Turner – significa rompere questa consuetudine, alterando la percezione della deterrenza.
Ma l’aspetto più inquietante sarebbe un altro: l’utilizzo, da parte ucraina, di veicoli civili per compiere l’attacco. Questo costringerebbe d’ora in avanti a trattare ogni mezzo civile come potenzialmente ostile, aprendo un fronte di insicurezza mai visto prima nei moderni teatri bellici.
Nel frattempo, a Washington si rincorrono le voci su quanto l’amministrazione Trump fosse al corrente dell’operazione. Inizialmente, alcune fonti parlavano di un preavviso ricevuto; successivamente, è arrivata la smentita. Se l’ex presidente fosse stato informato, si aprirebbe un dilemma politico e morale, rafforzando la percezione russa secondo cui la diplomazia americana sarebbe stata solo una copertura.
E se invece non fosse stato messo al corrente, ci si domanda come mai un’operazione militare pianificata da oltre un anno – come affermato da Zelensky – sia sfuggita all’intero apparato di intelligence occidentale.
Non si tratta più soltanto di guerra sul campo. Gli analisti iniziano a parlare apertamente di una guerra parallela: quella dentro gli apparati statali e militari, dove le agende divergono e le fedeltà si fanno ambigue. I rapporti fra USA, NATO e Unione Europea si mostrano incrinati, mentre le élite cercano vie d’uscita da una crisi geopolitica sempre più incontrollabile.
Due senatori americani erano presenti a Kiev poco prima dell’attacco. Coincidenza o segnale? È solo una delle tante domande che emergono da un quadro sempre più opaco.
Quel che è certo, per ora, è che la Russia non considera più affidabili né Washington né Bruxelles. E quando si smette di credere nella parola dell’altro, il mondo diventa molto più pericoloso di quanto già non sia.
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