Un Codice che “fuma” - NOC Press

Un Codice che “fuma”


Sono circa tre giorni che circola liberamente seduto nella sua auto; prima non lo poteva fare perché senza patente. Non per non averla presa, bensì perché gli è stata sospesa a poi tolta.


Il caso è quello di Roberto Fernicola, il 39enne di San Damiano d’Asti, in Piemonte, trovato positivo ai cannabinoidi per tracce di THC per alcuni esami medici per un ricovero dopo un incidente stradale.

Lui è la seconda persona in Italia, e che il tribunale di Asti ha restituito la patente dopo un ricorso dello stesso Fernicola, dichiarando che al momento della guida era perfettamente lucido. Decisione certificata dai medici affermando che al momento dell’incidente l’uomo non fosse in stato di alterazione, poiché erano trascorse circa 48 ore dall’assunzione, al sabato sera precedente.

Ancora una volta i giudici hanno prevalso su un Codice della strada che il ministro Salvini con veemenza ha voluto attuare, smentendo, per ora, ciò che lo stesso Governo definisce “sicurezza” e che in realtà, sempre per ora, è definito illiberale.

Quel giorno Roberto Fernicola fu tamponato in sella sulla sua motocicletta mentre ritornava a casa dal lavoro, da un primo turno che inizia alle 4 con la sveglia e termina alle 14: 30 a casa. Un automobilista mentre circolava una rotonda non gli diede la precedenza, provocando l’incidente. Ferito, il Fernicola riuscì a mantenere la necessaria lucidità necessaria è chiamo l’ambulanza per poi avvisare la moglie. In ospedale gli riscontrarono alcune fratture, fu medicato dalle escoriazioni, e fu sottoposto come prassi ai vari test previsti per gli incidenti stradali. Risultò positivo ai cannabinoidi, nonostante avesse fumato due giorni prima di mettersi alla guida. il provvedimento gli fu notificato il 23 maggio, mentre si trovava ancora a casa per le conseguenze dell’incidente. Fu chiamato caserma di San Damiano che gli notificò la sospensione della patente. Da qui il travaglio sulla denuncia, sul ritiro della patente e tutto ciò che ne è conseguito, primis l’impossibilità di recarsi autonomamente al lavoro, dipendendo in toto dalla moglie, con inevitabili conseguenze sul recupero psico-fisico.

Ma l’operaio non si perse d’animo. Fece ricorso al tribunale competente, come detto dandogli ragione. Ovviamente ora è in attesa che la Corte Costituzionale si esprima sul nuovo codice.

La notizia ha fatto il giro dei giornali, con critiche e ragioni. Al giornale de “La Stampa” Roberto Fernicola dichiarò «Prima di fare un decreto, Salvini dovrebbe informarsi su quanto dura l’effetto di una canna. È anticostituzionale e mi impone cosa posso o non posso fare durante la mia vita privata. Non è una democrazia questa» da operaio togliendosi il lusso di dare una lezione di biochimica, diritti e costituzione al ministro Salvini.

Chiosando e senza star qui a disquisire sul principio attivo di cannabinoidi terapeutici, dove l'interesse medico-farmaceutico è rivolto verso il THC o delta-9-tetraidrocannabinolo e verso il cannabidiolo o CBD, altra storiella che andrebbe non solo approfondita anche affrontata dal Governo se fosse serio, così non condannando decine e decine di persone affette da patologie croniche dolorose e di malati terminali – un plauso va ai Radicali Italiani e a Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni-, il ministro Salvini s'interrogasse su quanti suoi colleghi vanno in Transatlantico col naso sporco di bianco, mentre c’è chi oggi ha interrotto la guida del proprio mezzo perché la legge gli vieta l’assunzione terapeutica di cannabinoidi e chi non ha più un lavoro per la dismissione di aziende per cannabinoidi light.

S’interrogasse, sempre se n’è capace.
 
 
Ad Maiora!  
 
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