Bardonecchia, la frana riapre il dibattito sul rischio idrogeologico: geologi chiedono azioni concrete - NOC Press

Bardonecchia, la frana riapre il dibattito sul rischio idrogeologico: geologi chiedono azioni concrete

 





Dopo la colata detritica che ha colpito Bardonecchia, l’Ordine dei Geologi del Piemonte e la Società Geologica Italiana lanciano un appello: “.

La colata detritico-fangosa che ha colpito Bardonecchia nei giorni scorsi, con l’esondazione del torrente Frejus, riaccende l’attenzione sui rischi legati al dissesto idrogeologico nelle aree montane del Piemonte. Un evento che avviene a meno di due anni dalla frana del 13 agosto 2023 e che, ancora una volta, mette in discussione la sicurezza di alcune aree urbanizzate.

A intervenire sul tema sono l’Ordine dei Geologi del Piemonte e la Società Geologica Italiana.

Secondo Annalisa Bove, neo-presidente dell’Ordine piemontese, quanto accaduto “ripropone temi di primaria importanza come la rilocalizzazione delle aree a maggiore rischio e la gestione delle fasi emergenziali. La perdita di vite umane a causa di eventi di natura idrogeologica non può più essere accettata”.

Bardonecchia, comune più occidentale d’Italia, si trova in un territorio particolarmente complesso dal punto di vista geomorfologico. Circondata da quattro valloni – Valle Stretta, Valle della Rho, Vallone del Frejus e Vallone di Rochemolles – la cittadina si trasforma durante l’estate da borgo alpino con 3.000 residenti a località turistica con oltre 30.000 presenze. Un’espansione che, negli anni, ha portato a occupare zone potenzialmente pericolose.

Bove sottolinea la necessità di rendere più efficace il sistema di allerta, coordinato dalla Protezione Civile, ma anche di avviare campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione: “È fondamentale che residenti e turisti sappiano come comportarsi in caso di eventi meteorici intensi: evitare ponti, sottopassi e corsi d’acqua”.

Sulla stessa linea anche Rodolfo Carosi, presidente della Società Geologica Italiana e docente presso l’Università di Torino, che invita a un radicale cambiamento culturale: “Serve un cambio di paradigma: non possiamo continuare a gestire gli eventi naturali solo in chiave emergenziale. Occorre passare a una visione ordinaria, basata sulla prevenzione e sulla conoscenza geologica approfondita del territorio”.

Carosi chiede l’aggiornamento degli studi geologici e idrogeologici, la ridefinizione delle aree a rischio e un uso più consapevole del suolo: “Solo così potremo garantire una pianificazione territoriale adeguata e una maggiore sicurezza per le comunità”.

L’auspicio dei geologi è chiaro: basta con le morti evitabili e con le risposte tardive. È tempo di prevenzione strutturale e cultura del rischio.


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