L'intervista - L’Africa raccontata da Eliana Guerra, accolta a Monte Sant’Angelo a braccia aperte dagli alunni dell’Ist. Comp. Tancredi - Amicarelli
Con immenso piacere riceviamo e pubblichiamo una intervista, inviata presso la redazione, a cura di Martina Masulli e Francesco Le Noci della redazione giornalistica scolastica dell' Istituto Comprensivo Statale “Giovanni Tancredi – Vincenzo Amicarelli”.
Eliana Guerra è una cittadina del Mondo ed ha vissuto a Monte Sant’Angelo. Dopo tanto peregrinare, è ritornata nella sua Città natìa per incontrare e narrare la sua “guerra” in Africa.
“E’ questa la mia guerra.”
A dirlo è Eliana Guerra che combatte ogni giorno per i diritti umanitari nell’Africa. Quell’Africa resa pattumiera del mondo, dove non si risparmia l’inquinamento per i rifiuti tossici. Quei rifiuti della ricca Europa abbandonati sulle rive incontaminate della nera Africa. Quel liquame nero che tinge di nero gli animi dei neri d’Africa. Un popolo assoggettato alla bianca e “civile” Europa e gettato nel vivere difficile per le continue guerriglie, per le persistenti distruzioni di villaggi, di ospedali.
Donne, uomini e bambini neri derubati delle naturali risorse d’acqua, di cibo, della loro vita e del loro futuro, oggi ancora doni o concessioni dei limpidi ed immacolati inquinatori, abitanti del vicino Occidente.
Si, è proprio lì, nei Paesi occidentali, che, con coraggio ed entusiasmo, Eliana Guerra mostra al mondo degli indifferenti che “tutto può cambiare”.
Eliana è una donna come tante, aperta e molto disponibile a narrare la sua esperienza umanitaria.
“Ho iniziato la mia avventura nel settore umanitario nel 2014, dopo aver lavorato a Milano per 2 anni come auditor finanziario per Deloitte&Touche, una della 4 più grandi imprese di revisione contabile al mondo. Nonostante fosse un ottimo lavoro, mi ero resa conto che il settore privato e Milano non facevano per me e così mi sono licenziata e ho iniziato la mia esperienza umanitaria.”
A quanto pare, Eliana non sceglie di vivere nella Milano finanziaria della quarta rivoluzione industriale. E lei, con consapevolezza, rifiuta di essere parte di uno sciame, che si raduna e si disperde, attratto da fini mutevoli e spinto da motivi effimeri.
Questo lessico incuriosisce e provoca un vero dialogo.
Eliana, ci scusi per le nostre curiosità, ci può raccontare come è iniziata questa sua avventura con la Croce Rossa pur non essendo un medico?
“Prego, anzi. Ho iniziato con “Intersos”, una piccola associazione italiana, con la quale ho svolto la mia attività prima a Roma e, dopo aver acquisito un po’ di esperienza, sul campo”.
Quante missioni ha fatto fino ad ora? E dove?
Fino ad oggi ho partecipato a 4 missioni: in Kenia per un mese, in sud Sudan per poco più di un anno, in Nigeria e, infine, in Giordana.
Quale motivo l’ha spinta a partecipare a missioni internazionali per la difesa dei diritti umanitari?
“Non so spiegare bene il mio perché. E’ una cosa che “mi sento nella pancia”, che scuote emozioni e sentimenti. E’ un sentimento folle che ti invade la mente. Solo dopo, quel sentimento emotivo diventa razionale, ragione, passione”.
La sua storia ci fa sognare. Noi, alunni della Scuola “Tancredi – Amicarelli”, ci vogliamo contagiare. Ci dica, bisogna avere qualità particolari per partecipare a missioni umanitarie nei vari Paesi del Mondo?
“Diciamo di si. Fare il volontario è diverso da quello che faccio io, per lavoro. Bisogna essere dei veri professionisti, anche se il settore in cui lavoriamo non è molto sicuro. Per questo, bisogna conoscere le lingue e le norme del diritto internazionale”.
Ci sta dicendo che è un impegno pericoloso?
Alcuni contesti potrebbero essere più pericolosi. Però, fino ad oggi non mi sono mai sentita in pericolo.
Siete collegati con altre associazioni?
“Quando facevo parte di Intersoss, eravamo parte di un “classess”, che subentra quando il Governo non funziona più. E’ un “insieme” di piccole altre organizzazioni.
Ci può raccontare qualche episodio particolare?
“Vi racconto una storia un po’ triste. Un giorno abbiamo ricevuto una telefonata da un nostro collega, che ci diceva di non poter venire al lavoro perché la sua bambina di 3 anni era morta. Aveva la malaria. La bimba era deceduta anche per non aver avuta la sfortuna di aggravarsi di Domenica, giorno in cui la clinica era chiusa. Da noi, la chiusura di un servizio di cura in un giorno festivo non è concepibile. Anche questi episodi mi spingono, ancora di più, a lavorare in questo ambito”.
Qual è il compito del Comitato Internazionale della Croce Rossa?
“E’ un compito molto importante: diffondere le “regole della guerra”. Anche la guerra ha regole previste dal diritto internazionale, che non possono essere violate. Alla CIRC, infatti, è stato dato dalle quattro convenzioni di Ginevra il mandato di tutela, cura dei civili, ma anche di denuncia di atti per crimini contro l’umanità”.
Avete sedi dislocate per il Mondo?
“La nostra sede si trova a Ginevra, ma abbiamo sede periferiche in 80 paesi”.
Vi occupate anche di altri progetti oltre a questo?
“Si. Assistere i familiari dei morti, assicurare che vengano identificati e sepolti in una maniera dignitosa, ricostruire infrastutture idriche e scuole e provvedere alla distribuzioni di cibo o denaro”.
E’ questa la sua guerra?
“Si. La mia guerra è quella di far capire alle persone, un po’ pigre, che tutto può cambiare”.
Quale messaggio vuole lasciare ai ragazzi della Scuola “Tancredi –Amicarelli?
“Inseguiate ogni vostro piccolo sogno. Anche se vi diranno che non ce la potrete fare, perché venite da un piccolo paese, perché siete una donna… Non mollate. Io non ho mai mollato”.
Eliana ha scelto un lavoro rischioso con compiti delicatissimi. Un impegno di vita che si svolge nel mezzo di guerre fra stati sovrani, in campo aperto, con bandiere al vento e squilli di trombe. Quelle guerre non sono le guerre private di Eliana, ma guerra che hanno origine nelle fredde stanze dei civili governi europei, nei produttivi e anonimi signori di tante industrie, che continuano a dissanguare e avvelenare i popoli d’Africa.
Sono forze ignote che calpestano i diritti e negano una vita degna di essere vissuta.
Eppure, sono trascorsi sessanta anni dalla Dichiarazione sulla decolonizzazione delle Nazioni Unite. Era il 1960 quando iniziò il processo di affrancamento degli Stati africani dalle potenze colonizzatrici occidentali, ma Eliana ci narra un nuovo colonialismo economico, che spinge tanti uomini e tante donne ad attraversare il Mediterraneo per abitare nei fondali del mare o per abitare le città europee .
Sono loro che gli occidentali chiamano migrati.
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