Pena di morte, Amnesty: nel 2024 oltre 1.500 esecuzioni nel mondo, record negativo del decennio
Di Redazione NOCPress
Nel mondo che guarda con crescente attenzione ai diritti umani, la pena di morte continua a rappresentare una ferita aperta e un termometro inquietante dello stato della giustizia globale. Il nuovo rapporto di Amnesty International fotografa un 2024 segnato da un drammatico incremento delle esecuzioni, riportando numeri che non si registravano da oltre dieci anni.
Amnesty: oltre 1.500 esecuzioni nel 2024
Nel 2024, almeno 1.518 persone sono state messe a morte in 15 Paesi, un dato che rappresenta il picco più alto del decennio. Il 91% delle esecuzioni si è concentrato in Medio Oriente, in particolare in Iran, Iraq e Arabia Saudita.
L’Iran, ancora una volta, domina la classifica con centinaia di condanne eseguite, spesso per reati non violenti e in molti casi legati a proteste, dissidenza politica o appartenenza a minoranze etniche. Il rapporto denuncia infatti un crescente utilizzo della pena capitale come strumento di controllo e repressione.
Il caso Cina: cifre segrete ma stime allarmanti
La Cina rimane il grande enigma. Le autorità di Pechino non rendono pubblici i dati ufficiali, ma le fonti raccolte da Amnesty suggeriscono un numero di esecuzioni ben superiore alla media globale, spesso applicate anche per crimini minori. Un muro di silenzio che rende impossibile una valutazione completa ma che alimenta forti preoccupazioni.
Stati Uniti: 25 esecuzioni nel 2024
Negli Stati Uniti, Paese democratico dove il dibattito sulla pena di morte è ancora acceso, si contano 25 esecuzioni nel corso dell’anno. Un numero stabile ma che conferma come, in alcuni Stati, la pena capitale sia ancora considerata uno strumento legittimo di giustizia penale.
La denuncia di Amnesty: “Punizioni disumane, non giustizia”
“La pena di morte non è giustizia, è vendetta travestita da legalità ”, commenta Amnesty nel suo rapporto. L’organizzazione ribadisce la necessità di una moratoria universale e invita la comunità internazionale a rivedere in modo deciso le proprie politiche in materia di diritti umani.
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